di Hamsa
(arrivato in Italia nel 2016)
Illustrazione di Isia Osuchowska
La storia è stata raccolta e trascritta da Flavia Bottaro e Clelia Pallotta. Flavia fa parte dell’Associazione AccoglieRete di Siracusa, che dal 2013 accoglie e sostiene migranti minori non accompagnati. L’associazione lavora con tutori, volontari e volontarie, legali.
Quando in Libia mi hanno fatto imbarcare non avevo capito che era per andare in Italia e non volevo salire sulla barca perché pensavo che mi avrebbero portato in un’altra prigione libica. Per obbligarmi a salire mi hanno dato dei colpi alle gambe con un fucile e così anche quando siamo arrivati in Sicilia volevo scappare, ma non potevo. Mi spaventavano tutte le persone che mi si avvicinavano, specialmente quelli che vedendo che non potevo camminare cercavano di trascinarmi, non capivo che mi volevano portare verso un’ambulanza per andare in ospedale. Lì è arrivata una dottoressa che io non dimenticherò mai più per tutta la mia vita: mi ha spiegato in francese che ero in Italia, che dovevo stare tranquillo perché ormai ero salvo e che mi avrebbero curato le gambe e la febbre.
In Italia mi è sembrato molto bello camminare liberamente senza aver paura che qualcuno mi rincorresse e vedere che le macchine rispettano i semafori. Poi mi è sembrato strano che le schede telefoniche e le sigarette le compri dal tabaccaio, mentre in Costa d’Avorio chiunque le può vendere per strada così come la frutta, perché gli alberi da frutta non hanno proprietari e così si può raccoglierla e venderla senza bisogno di metterla dentro le confezioni di plastica. Sto a Siracusa da tre anni e conosco tanta gente, anche clienti del negozio dove lavoro. Faccio il pane di notte, e la mattina, quando mi viene chiesto, aiuto il proprietario al banco. Certo, ogni tanto è successo che qualche cliente non volesse essere servito da me anche se ho i guanti, ma mi fa ridere che non capiscano che il pane l’ho fatto io. I proprietari mi dicono di non farci caso e ormai non ci rimango neanche male. Sono fidanzato con una ragazza nigeriana che abita fuori Siracusa, mi piace che quando camminiamo insieme non dobbiamo cambiare marciapiede quando incrociamo qualche persona adulta che conosco, nel mio paese si fa così per una forma di rispetto.
Sono contento di essere in Italia, volevo andare a scuola, adesso so leggere e scrivere.
Ho conosciuto tante persone e alcune mi trattano come uno di famiglia, così le prime volte che andavo a pranzo da loro mangiavamo tutti insieme. A tavola non parlavo e appena finivo di mangiare mi alzavo e andavo a sedermi in un’altra stanza. Poi mi hanno spiegato che qui a tavola si parla e si raccontano cose e si ride, poi ci si alza tutti e si sparecchia. Se mi farò una famiglia preferirò fare così.
Vorrei tornare in Costa d’Avorio ma solo per vacanza e per trovare gli amici.