di Tirocinante Anonima
Contatto il centro clinico di un famoso psicoanalista. La lucidità del suo pensiero e di quello del suo maestro mi hanno sempre intrigata, perciò sono curiosa di conoscere la loro offerta formativa.
La sede si trova in una villa liberty con giardino, alberi secolari, fregi e mattoni a vista, un luogo di rara bellezza e silenzio. Entrando, mi accoglie un atrio sontuoso, con due colonne di marmo bianco unite nel mezzo dal tavolo della reception. Non c’è nessuno. I depliant sul bancone, il telefono interfono, il potus e il dispenser per gel disinfettante mi ricordano l’ingresso del mio dentista, cosa che mi mette subito a disagio. Mi viene a prendere una donna sulla quarantina, molto gentile e sorridente, che mi scorta al secondo piano, mi lascia dietro un vetro, nella sala di attesa e mi augura “buona fortuna”. Ne avrò bisogno? Mi siedo sul divanetto in pelle e sfoglio qualche depliant. Dal dentista sono sui dentifrici, qui sulle terapie di gruppo. La musica jazz in filodiffusione rovescia uno a uno i miei pensieri e, nell’attesa, il ritmo disgregato mi fa nascere strani timori. Di vive, ci siamo solo io e la pianta rinsecchita che giace dimenticata sul davanzale, in un vaso di acqua stagnante.
Il preambolo è stato lungo e sono sicura che vi stiate chiedendo che cosa mi hanno proposto come tirocinio gratuito professionalizzante post-laurea: segretariato. Ma non un segretariato normale, un segretariato psicoanalitico. Perché c’è modo e modo di rispondere al telefono, di prendere e spostare gli appuntamenti. È risaputo che quando una o un paziente chiama per disdire una seduta, questo gesto è intriso di significati clinici. Poi forse sì, qualche volta, non si sa quante, dopo almeno sei mesi, si può assistere al primo colloquio, assolutamente muti, con il compito di trascrivere tutto ciò che è stato detto. E le ore? Non si contano, perché non è nel loro stile, però i turni sono fissi e obbligatori. Insomma, mi chiedono di essere lì, negli importanti momenti delle telefonate, di essere la prima voce che i pazienti incontrano, a proporre l’unica cosa che potrei proporre: un percorso terapeutico in sontuosa villa con sontuosa fattura, oppure la fuga. Io ho già scelto la fuga.
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