di Paolo Barcella
Illustrazioni di Pat Carra
Giunti alla terza domanda, Idea ha deciso di manifestarsi con un susseguirsi di secchi garriti. Pure lei, come me, pare averne abbastanza di esami orali online su storia contemporanea e storia dell’America del Nord. La sua proprietaria, lì per lì, mostra un principio di imbarazzo, mentre continua la propria esposizione davanti alla webcam. La interrompo e le chiedo chi stia garrendo, da qualche parte, in casa sua, dal momento che sento dei versi, ma non ho animali in casa. Sorride e mi racconta della pappagallina Idea, parrocchetta del Senegal: però, prontamente, scarica la responsabilità della sua irruzione vocale sul fratello, affermando che lui solo ne è il proprietario. Idea, intanto, continua il suo canto nella stanza vicina: le porte sono chiuse, ma il verso è intenso e giunge a noi, di tanto in tanto, per tutta la durata dell’esame. Non è l’unica incursione animale registrata durante la sessione estiva di esami orali online. Una bellissima miciona – che, se la memoria non mi inganna, porta il nome “Etty” – si è affacciata alla prova di un’altra studentessa, saltando sorniona sul letto alle sue spalle. Di una scena analoga si è reso protagonista un cucciolo di cocker, più nervosamente alla ricerca di coccole. Anche in questo caso, il disagio della studentessa davanti alla webcam è evidente: lo rompo, invitandola a prendere in braccio il nero cucciolotto e a mostrarmelo in tutta la sua tenerezza. Si è invece esaurita in uno sfumato tentativo l’irruzione del gatto di Alice che, nel bel mezzo dell’esposizione, ha deciso di invitarla ad aprire la porta della stanza dove era stata allestita la postazione d’esame. Dopo una serie di insistenti colpi di unghia, la studentessa si rende conto che il rumore mi arriva, si gira verso la porta, pare quasi volersi scusare, non sa cosa dire. Alla mia richiesta di chiarimento, mi dice che il gatto vuole entrare nella stanza. Vorrei dirle: “Per carità, lo inviti a rimanere fuori da questi esami online, almeno lui che può!”. Ma mi trattengo. Mi dispiace soltanto che qualcuno in casa si sia accorto delle zampettate e l’abbia portato via prima che Alice potesse aprire la porta e, su mio invito, mostrarmelo.
Questi sono stati tra i pochi momenti di svago capitati nel corso di queste lunghissime sessioni di orali online. Lunghissime e davvero difficili da reggere, anche quando si è armati di pazienza e tenacia. Personalmente ho svolto parecchi mestieri, come tante persone, negli anni della mia giovinezza e soprattutto in quelli, piuttosto lunghi, della mia condizione di studioso precario. Dall’apprendista tornitore in una fabbrica meccanica nell’estate dei miei 16 anni, all’operatore nel terzo settore, all’insegnante, all’archivista presso una fondazione svizzera, al barista, al lavapiatti: ho svolto tante mansioni, più o meno gradevoli, più o meno stancanti. Oggi, dopo una sessione estiva di esami orali online, so quale sia quella più capace di minare la mia pazienza e la mia gioia di vivere.
Per interrogare centinaia di persone, cercando di dare forma a un esame universitario serio e degno di questo nome, occorre mettersi in videochiamata per decine di ore, per vari giorni consecutivi, davanti a gruppetti di studenti che si susseguono. Ogni studente ha le sue richieste. Qualcuno ha connessioni internet idonee, qualcuno no. Non tutto funziona sempre e non tutti sanno far funzionare programmi e piattaforme. Le perdite di tempo, mentre si è bloccati davanti al computer, sono continue. Nessuno vorrebbe essere interrogato negli orari della giornata meno felici e occorre gestire le richieste nel rispetto di tutti.
Qualche studente e qualche studentessa cerca di capire se, grazie alla modalità online, gli esami siano diventati burlette e si collega con uno smartphone davanti a un pc, oppure con una serie di file aperti sul suo desktop, nella speranza di poter leggere gli appunti e cercare la risposta inserendo le parole chiave della domanda formulata nello spazio “Cerca nel documento”. Qualcuno tra costoro pensa che io sia nato nel 1492 e che non distingua un computer da un ferro da stiro. Altri credono che ignori l’esistenza di file di appunti dei miei corsi venduti online da siti studenteschi, insieme alle peggiori sintesi dei libri che adotto. Ho comprato alcune di quelle sintesi, per curiosità, negli anni scorsi. Una studentessa, quest’anno, le aveva di fronte e le leggeva con pause, tentennando per fingere di pensare, tra una parola e l’altra. Però avevo davanti quel file pure io. Tuttavia, non chiedo di mostrarmi le mani, non impongo inutili sistemi di controllo, perché il solo modo per verificare se qualcuno sa qualcosa per davvero, in un contesto di esami a distanza dove non si può avere il controllo sullo spazio in cui l’altro si trova, è formulare delle domande che prevedano una connessione elementare tra due fenomeni, o periodi, non adiacenti dentro un file o un libro.
Decine di ore trascorse così, per più giorni consecutivi, sono uno strazio. Occorre rimanere immobili di fronte a una webcam, reggere la noia del dover ripetere per ore le stesse formule a giovani che entrano ed escono da uno spazio virtuale, restando composti mentre altri ti osservano nel loro video. Si ascoltano per ore risposte alle stesse questioni, reggendo il tentativo, sempre fastidioso quando subito, di raggiro, messo in atto fortunatamente da pochi.
Se c’è una cosa che auspicherei tornasse domani, sono proprio le sessioni di esami in presenza. Nessun dubbio: gli esami sono il punto più basso della didattica a distanza. Per fortuna, la maggior parte degli studenti e delle studentesse sono gentili e corretti. E, soprattutto, ogni tanto un gatto, un cane o una pappagallina prendono la scena, strappando un sorriso e ricordando che c’è altra vita là fuori.