Beni rifugio

di bulander
Illustrazione di Federico Zenoni

Il rifugio era stato risparmiato dai bombardamenti. Aldovranda Pernichetti e sua sorella si sentivano abbastanza al sicuro e avevano finito per fare amicizia con la famiglia Ercolotti, i vicini di casa coi quali in tempo di pace il rapporto era “buongiorno”, “buonasera” e niente di più.
“Ci sono i saldi”, dice Aldovranda che stava scrollando le notizie del giorno sul cellulare.
“Eh, queste scarpe sono andate”, dice Albisonda, la sorella, “per di più mi fanno male, sono un po’ strette.”
“Vai da Bianchini, quello ha sempre roba buona.”
“Ma come, non sai che gli è crollato il soffitto in testa? È caduta una bomba nello stabile di fronte e lo spostamento d’aria…”
“Scusa, ma era lì dove c’era quel ristorante cinese?”
“Sì, ma nessuno immaginava che bombardassero anche da quelle parti…”
“Ma dove, vicino a via Canonica dove è pieno di cinesi?”
“Sì.”
“E vuoi che non bombardino da quelle parti? Siamo in guerra con la Cina!”
“Ho capito, ma non sono turchi quegli aerei che hanno colpito anche la casa di Giovanni?”
“Senti, secondo me tu non hai ancora capito come stanno i fronti: noi stiamo con l’America, giusto? Siamo noi, la Francia, la Germania e poi c’è Panama e Sri Lanka – tutti con l’America; dall’altra parte c’è la Cina, la Russia, la Turchia e gli Emirati arabi. Questi sono quelli che ci bombardano. Se nei secoli si è formata una colonia cinese sempre più forte dalle parti di via Canonica, è ovvio che gli americani la bombardino. I turchi ci bombardano per default perché sono nostri nemici. Quindi Milano è presa tra due fuochi, pensa la fortuna che abbiamo.”
“Io le consiglio di andare da Mondoscarpa”, interviene la signora Ercolotti, “hanno una buona scelta. Ma deve sbrigarsi, i saldi dicono che li chiudono già il 15 gennaio, per ragioni di sicurezza.”
“Ah sì? E dove si trova?”
“Non è lontano da via Mecenate, ha presente? Non è lontano da dove c’era l’aeroporto.”
“E da qui come ci arrivo? La linea 4 è ferma, il 12 non va più giù del Tribunale. Io ho paura ad andare a piedi, se prendo il taxi i vantaggi dei saldi dove vanno?”
“A Mondoscarpa hanno anche calze di tutti i tipi. Anche con il 70/80% di sconto”, insiste la signora Ercolotti.
“Davvero? Hanno magari anche cinture? Guardi questa qua… tra un poco mi vanno giù i pantaloni.”
“Io ho sempre tenuto in ordine la mia bicicletta, da qui a Mondoscarpa in 30/35 minuti ci sono”, continua a insistere la signora Ercolotti. “Cinture penso non ne abbiano, ma io ho preso delle calze di lana grezza, adesso che viene freddo, le ho pagate 7 euro e costavano 30. Prima della guerra addirittura costavano 40 euro.”
“Io non capisco perché non buttiamo fuori questi cinesi, almeno uno dei due fronti non ci bombarda più”, dice Aldovranda.
“E come mangiamo dopo?”, interviene ancora l’Ercolotti
“In che senso scusi?”
“Se non sono loro a fare il contrabbando, io dove lo prendo lo zafferano per fare il risotto alla milanese?”
“Brava, adesso perché lei si deve fare il risotto alla milanese il povero Bianchini deve beccarsi un soffitto in testa?”
Le tensioni tra le sorelle Pernichetti e la famiglia Ercolotti rischiavano di tornare a livello d’anteguerra. Per di più, chiuse nel rifugio senza potersi muovere e sedute le une davanti agli altri, sai che allegria!
Cessato allarme. Albisonda, che prima della guerra era stata un’ottima jogger, e aveva partecipato una volta anche alla Stramilano, si mette in cammino dalla sua casa di via Savona per andare da Mondoscarpa in Mecenate. La città è sconvolta dai bombardamenti, nelle strade si aprono voragini che costringono a lunghe deviazioni per arrivare a destino.
Lo shopping center è discretamente affollato. “Vorrei delle calze di lana grezza della mia misura.”
“Lei deve avere il 36, o mi sbaglio? Dovrei averne ancora un paio o due. La sua misura è molto richiesta, invece quelle del 43-44 non riesco a venderle, anche se lo ho messe a 3 euro.”
Tra sé e sé Albisonda pensa: “Ne prendo una per me e due grandi, così dico a quella stronza della Ercolotti che le ho pagate meno di lei. Non c’è bisogno mica che gliele faccia vedere. Quelle grandi le rivendo senza problemi a Silvino il macellaio che ha il piede grandissimo.”
Sulla via del ritorno a casa Albisonda sente l’urlo delle sirene. Allarme aereo. Di lì a qualche minuto si sentono i rumori laceranti dei fischi e delle esplosioni. Si rifugia in un portone in Corso XXII marzo ma le bombe debbono essere cadute più lontane. “Dalle parti di Foro Bonaparte”, sentenzia uno di quelli che sanno tutto. Come lo sappiano, un mistero.
Un’incursione rapida, in mezz’ora tutto finito. Albisonda riprende il cammino, quando è all’altezza di Cordusio trova tutto bloccato, cavalli di Frisia e ambulanze che urlano in continuazione.
“C’è stata una strage”, dice un poliziotto.
“Davvero, dove?”
“Davanti al negozio di Pentathlon. C’erano i saldi, sconti anche del 90%. C’era la fila fuori, si parla di 20/30 morti…”
“Beh, vede queste calze? Le ho pagate 3 euro. Sa quanto costavano prima? 40 euro. Bella convenienza, no?”
“E poi dicono che la guerra è una catastrofe…”

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