di Fabrizio Tonello
C’era anche Neal Katyal al festival Burning Man di quest’anno in Nevada, il che è un po’ come se Marta Cartabia andasse a un rave party di quelli che fanno digrignare i denti alla Meloni e a Salvini. Infatti Katyal, un cinquantatreenne sportivo che nel 2010 era Solicitor General (Avvocato generale dello Stato) nell’amministrazione Obama, sembrava un po’ fuori posto nell’evento neo-hippy che si svolge dal 1986 nel deserto di Black Rock, un ex lago di circa 1.200 chilometri quadrati a nord di Reno.
In realtà tutti i 70.000 partecipanti erano un po’ fuori posto sul sito del festival, chiamato La Playa, perché venerdì 1 settembre ha iniziato a piovere. A piovere. E a piovere ancora. Il sabato pioveva. E quando è rispuntato il sole domenica le tende galleggiavano sul fango, i camper e le auto erano inchiodati al suolo e chi provava a camminare sprofondava nella massa appiccicosa fino a metà polpaccio.
Gli entusiasti dell’evento non avevano messo nel conto il fatto che prima il deserto raccoglieva 200 mm. di pioggia l’anno, cioè una spruzzatina ogni tanto per rinfrescare i cactus, mentre adesso sono caduti 250 mm. di pioggia nel giro di 48 ore. Prima la playa veniva descritta così: ” La polvere ultrafine si infiltra in ogni cuscinetto di ogni macchina. Le raffiche di vento spazzano via i ripari e strappano i gommini rinforzati. Gli occhiali di protezione si rompono e la polvere che soffia e brucia ti entra negli occhi”. Adesso uno dei più assidui frequentatori, il saggista Cory Doctorow, ha raccontato: “Abbiamo incollato sacchetti di plastica Ziploc sui piedi (il fango bagnato della playa non si attacca alla plastica scivolosa) o siamo andati in giro con i calzini (anche se il contatto prolungato con il fango alcalino provoca dolorose reazioni cutanee)”.
Benvenuti nel cambiamento climatico.
I fortunati (e resistenti) hanno camminato per circa 10 chilometri nel fango prima di trovare un passaggio verso la civiltà. Gli altri sono rimasti ma poiché i veicoli non potevano attraversare il sito, i rifornimenti non potevano arrivare e una delle maggiori preoccupazioni era la mancanza di servizi igienici, perché i camion che normalmente arrivano più volte al giorno per ripulire i bagni portatili non riuscivano a raggiungere il sito.
Facciamo un passo indietro.
Burning Man è nato nel 1986 da un gruppetto di artisti di San Francisco e negli anni si è trasformato in un festival di una settimana che ogni anno attirava decine di migliaia di persone per ascoltare musica e assistere a performance artistiche in un’effimera comunità utopica dove il commercio è vietato ma l’ingresso ha un prezzo minimo di 575 dollari (senza contare le spese per il campeggio). Tutto, dal cibo ai generatori, dev’essere trasportato sul posto via camion. Se le strade sono praticabili, ovviamente, quindi la solidarietà è obbligatoria (quest’anno ce n’è stato molto bisogno).
Il clou della festa era il rogo di un pupazzo come celebrazione della libertà, del deserto, del contatto con la natura e quant’altro. In tutte le civiltà note il fuoco purifica e permette di ripartire con nuove energie. Non precisamente una cosa originale: in Italia si fanno roghi per la Befana (“Brusa la vecia!”) oppure a metà quaresima, per celebrare l’inverno che muore e la primavera che nasce. I riti pagani hanno sempre successo, dalla pianura padana al deserto del Nevada.
Il problema nasce quando l’homo sapiens, in particolare la subspecie californiana, si autoconvince che una scatola di latta con quattro ruote possa risolvere qualsiasi problema, anche quello di sopravvivere nel mezzo del nulla. Purtroppo il “nulla” non è affatto vuoto: ci sono le tempeste di sabbia, i geyser, le temperature sopra i 40 gradi. E adesso ci sono anche le piogge torrenziali che trasformano il terreno alcalino in una trappola appiccicosa. Piogge che tendenzialmente si ripeteranno nei prossimi anni perché è arrivato El Nino, l’oscillazione della temperatura dell’acqua nel sud Pacifico che porta la siccità qui e le alluvioni là per sette anni.
Auguri per le prossime edizioni del festival: magari si potrebbe cambiare il nome da Burning Man a Burning Planet.