di Laura Marzi
Illustrazione di Anna Ciammitti
Il glifosato è un elemento tossico che viene utilizzato per estirpare tutto ciò che del terreno viene considerato dannoso alla produttività.
Il glifosato assomiglia al vino bianco che bevo spesso la sera per estirpare la noia che mi provoca la mia vita da bobò: bobò sì. Sono borghese perché fino a prova contraria non sono proletaria, non avendo prole, ma un sacco di certificati di studio, e vivo in un borgo perché anche se sulla mia carta di identità c’è scritto che risiedo a Roma in realtà abito al Pigneto, che è un borgo, cioè un paese in versione chic. E che sono bohémienne me lo dicono quelli che vanno al bar, ma anche in ufficio, e recepiscono uno stipendio ogni mese, me lo dicono perché vorrebbero essere loro stessi dei bobò e invece sono solo boh.
Il vino bianco è la sostanza con la quale da molti anni ormai sorseggio e ingoio le parti della mia vita che non sono in grado di cambiare o che sono troppo pigra per cercare di trasformare: la mia solitudine, la mia stessa pigrizia, una certa incapacità di decidere davvero cosa fare nella mia vita, mia madre, mio padre, i miei fratelli e adesso i miei nipoti, la mia vita sessuale, la mia vita sentimentale, il fatto che non posso fare un mutuo, il fatto che non vorrei mai fare un mutuo…
Il vino bianco è il liquido dannoso con il quale eccito la mia esistenza da lavoratrice precaria, fumando al bar come se fossi una gran signora, una vera intellettuale, una donna pensosa e intenta a navigare nei marosi della vita: è la mia illusione color paglierino, minerale, più secca o più fruttata, naturale, torbida, rigorosamente senza solfiti.
Il vino bianco è l’elemento tossico che sta da anni logorando il mio sistema immunitario, infiammando i miei nervi, accalorando il mio intestino, stremandomi, ma non l’ho mai detto a nessuno, sui veleni, si sa, bisogna sempre mantenere il segreto…
