Foreign Fighter #3

di bulander
Illustrazione di Doriano Solinas

 

 

Riassunto delle puntate precedenti
Giovanni Sancalvano, che ha lasciato un posto da ingegnere per diventare foreign fighter, deve accontentarsi di fare il driver per il datore di lavoro Parietti, lo stesso che lo aveva assunto come ingegnere. Guida un furgone per le consegne della società Aliquota&C. Il traffico quella mattina a Milano, zona Forze Armate, è intenso.*

Parietti: (al cellulare) Pronto Sancalvano mi sente?
Giovanni: Sì pronto, un momento che sto posteggiando…
Parietti: Tutto bene? Senta Sancalvano, io sono stato sempre sincero con lei. Adesso la situazione è questa. Il giovane che abbiamo preso al suo posto per sei mesi lavora molto bene, sta di fatto che la direzione pare intenzionata ad assumerlo a tempo indeterminato. A me mi sa tanto che lei non la riprendono, oppure le offrono di fare l’autista ma a partita Iva, tra gli autisti non c’è nessuno assunto… mi sa che quella sua idea del foreign fighter non era poi così male.
Gio: Ma come non mi riprendono, è un mio diritto, faccio causa se no…
Parietti: Lei faccia causa, va avanti dei mesi, poi non è detto che la vinca…

Varsavia, zona sudoccidentale, sede della Youth for Freedom

L’impiegato: (in un inglese stentato) Lei dunque è Rompetti Francesco. Perché dice che è già stato qui da noi? Non mi risulta.
Giovanni: Sì a Bydgoszcz.
L’impiegato: A Bydgoszcz dice? Vediamo…. qui di Italiani io ho Stampellini Giorgio, Mutilati Alfonso, De Pasquale Lorenzo, Benpensante Zeno, Sancalvano…
Gio: Ecco, sono io Sancalvano. Avevo i miei documenti veri… eh, non mi avevano informato bene dei documenti falsi, così mi hanno espulso.
L’impiegato: Ah era venuto coi suoi documenti veri? Allora questo immobile in garanzia, è suo? Dove si trova, a Milano?
Gio: Sì è la casa dei miei genitori, in una zona centrale.
L’impiegato: Sì, però ci vorrebbe una firma dei suoi genitori, lei è sicuro?
Gio: Ma certo, scusi, vuole che le dia in garanzia qualcosa che non vale?
L’impiegato: Bene, allora qui ci sono le sue copie dei contratti e qui le bolle per ritirare, dal deposito in Ucraina, tuta da combattimento, fucile, bombe, coltello, occhiali infrarossi, scarponi. Buona fortuna! Ci metterà un po’ ad arrivare, è tutto bombardato.

Zona imprecisata dell’Ucraina. Deposito della Youth for Freedom

L’impiegato: Salve! Rapetti?
Giovanni: No, Rompetti, come rompere, di nome Francesco.
L’impiegato: Ah Franciskus, come santo, tutti Italiani chiamare come santi, Papa a Roma anche… qui tutto pronto, tuta, fucile, scarponi, bombe a mano. Firma la ricevuta, per favore.

Dopo qualche giorno Giovanni raggiunge la sua unità di combattimento. Il comandante è un irlandese, il vice un croato. C’è anche un Italiano, sembra godere di buona reputazione. È interista come lui e subito diventano, si fa per dire, amici. Il primo giorno un briefing in aula, a spiegare dove e come dovranno combattere, le parole convenzionali, tutta teoria. Di armi e di droni, neanche una parola. Alla sera in camerata Giovanni decide di prendere familiarità con il fucile mitragliatore, neanche un libretto d’istruzioni gli hanno dato, niente. 

Gio: (tra sé e sé) Pensano che lo conosca. Invece non ho mai tenuto in mano un aggeggio come questo, ero sicuro che mi davano un addestramento prima. Potrei chiederlo all’italiano ma mi vergogno, poi non lo conosco mica tanto, è interista, ok, ma non tutti gli interisti sono uguali, cioè sono come me.
Decide di ritirarsi in un angolo della camerata a prendere confidenza con l’arma. La maggioranza dei commilitoni sono davanti alla tv per una partita di calcio. Sulle brande attaccati al cellulare sono rimasti tre o quattro.

Gio: Dunque, questo dovrebbe essere la sicura, questo il colpo singolo, questa la raffica automatica, questo… che diavolo può essere questo? Diamine com’è pesante, non credevo tanto. Qui gli infrarossi, proviamo a vedere il notturno, dove cacchio sarà la leva…

Inavvertitamente sposta la leva della raffica automatica, forse gli infrarossi si azionano con il secondo grilletto, chissà. Appena sfiorato il grilletto parte una raffica.

Gio: Porca puttana, come fermo ‘sto aggeggio?

Fa il gesto istintivo di girare la canna verso il soffitto per non ammazzare qualcuno, ma non può evitare che un paio di proiettili vadano a fracassare i vetri della camerata. Cala un silenzio totale, poi si scatena il finimondo, gli puntano i fucili contro, gli saltano addosso, lo immobilizzano, rischia il linciaggio. Quelli a cui aveva rovinato la partita sono i più inferociti. Interrogato, rivela che non ha mai maneggiato un mitra in vita sua. Cosa possono farne? Possono ammazzarlo, è la cosa più semplice: caduto in combattimento. Lo salva l’interista. Dice che lo conosce, che è figlio di un pezzo grosso che lavora all’industria degli armamenti, che suo padre controlla le forniture, che conosce Zelensky, insomma un sacco di balle. Ottiene che gli appioppino un calcio nel sedere e lo rimandino a casa. Prima però vendono la casa dei suoi genitori a un giro un po’ losco di immobiliaristi calabresi. I due poveri vecchi vengono sfrattati senza neanche capire perché, a Milano gli sfratti ormai sono come andare al bar per un caffè, dall’epoca di Sala sindaco, più o meno. L’interista gli trova anche il modo di uscire dall’Ucraina, poi si deve arrangiare. Con qualche peripezia raggiunge la Slovacchia e lì un aereo per Milano da Bratislava si trova. È tornato ad essere Sancalvano Giovanni, i documenti falsi con su Rompetti Francesco li ha lasciati all’interista, possono sempre servire, basta cambiare la foto. All’aeroporto di Bratislava gli viene in mente che non ha portato nessun souvenir dall’Ucraina, nessun ricordo, niente.
Gio: Che cretino! Non ci ho pensato.

 

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