Geopolitica 2040

di bulander
Illustrazione di Federico Zenoni

E così l’Austria ebbe di nuovo il suo sbocco al mare, come ai tempi degli Asburgo. Trieste? No, Venezia. Ricapitolando: la Lombardia diventava il quinto cantone svizzero, il Veneto entrava a far parte dell’Austria e le due regioni a statuto speciale, Val d’Aosta e Friuli-Venezia Giulia avrebbero dovuto decidere il loro destino con un referendum. Tra i valdostani vinse l’opzione di fondersi con la Savoia e di diventare francesi, tra quelli del confine orientale invece vinse l’opzione di diventare uno stato indipendente, che sei mesi dopo avrebbe votato se restare unito oppure i triestini da una parte e i friulani da un’altra. Stravinse l’opzione di dividersi. E così la chiamarono la “balcanizzazione” del Nord Italia. Ma non era vero un corno, perché con l’autonomia differenziata, che era stata approvata ai tempi della Meloni, le regioni erano diventate entità indipendenti, quindi c’era molta più frammentazione, mentre adesso i valdostani erano diventati Francia, i lombardi Svizzera e i veneti Austria. Tre entità indipendenti erano sparite, entrando a far parte di tre stati. Due nuove erano sorte, il Friuli e Trieste. Ma, secondo Metternich, tre che spariscono e solo due che nascono non si può chiamare “balcanizzazione”. Anche Churchill era di questa opinione.

La discussione tra l’avvocato Beipensieri e l’ing. Kattel, segretario del porto di Capodistria, continuava animata al ristorante “Lepa blondinka” al confine triestino-sloveno.
Tutto questo anbaradan era successo dopo che avevano deciso di tappare il canale di Suez, stufi tutti quanti di mandare navi e soldati a combattere, con gli Houti che diventavano sempre più forti invece di cedere.
“Ci hanno messo cinque anni a capirlo! Ma si può essere così cretini?”, protestava l’avvocato Beipensieri “La guerriglia non si vince con la armate tradizionali!”
“Ma a noi ci danneggia molto di più la chiusura del Bosforo che il tappo a Suez!”, brontolava l’ing. Kattel “e adesso vogliono chiudere Gibilterra. Il Mediterraneo diventerà un lago. I fiumi continueranno a riversarvi le loro schifezze, pensi solo al Nilo, che porta tutta la merda africana! Moriremo di miasmi pestilenziali, non noi ma i nostri nipoti.”
“Beh, ma a quel punto avranno inventato qualche prodotto per disinquinare, depurare le acque, coi progressi che fa la scienza, non mi preoccuperei tanto. Il vantaggio sarà che non ci saranno più navi da crociera, questo turismo di massa che ha ridotto Venezia a un posto invivibile. Ci sarà turismo di qualità. Vuol mettere? Guardi che è una conquista, eh?”

Si era fatto tardi, si salutarono e Kattel si congedò dicendo: “Buon rientro, spero che non le facciano storie al confine”. Beipensieri abitava in città a Trieste, diventata Repubblica di Trieste dopo il referendum ma poi trasformatasi in Principato per assomigliare a Monaco e sembrare un paradiso fiscale. Già, ma il principe, dove lo trovi? Cerca, cerca, lo avevano trovato in Baviera, si chiamava Kronenbaum ed era un lontano discendente dai principi von Thurn und Taxis, proprietari del Castello di Duino, dove Rilke aveva scritto le sue famose “Elegie”. Però nel 2031 nessuno sapeva più chi fosse stato ‘sto Rilke e tutta la storia del Castello, dei principi, e menate varie. Tranne quelli che avevano fatto il liceo alla fine del Novecento, anzi un po’ prima, negli anni ’70, quando c’erano i terroristi che rapivano le ragazze borghesi e le costringevano a sposare degli operai. Per rafforzare il proletariato.

Arrivato al confine, l’avv. Beipensieri aveva allungato il suo passaporto alla guardia di frontiera dal finestrino, senza scendere dalla macchina.
“Scusi, guardi che non è più valido”, gli aveva detto quello della Finanza.
“Ma come, stamattina mi hanno lasciato passare, era tutto in regola!”
“Non so che dirle. Accosti lì e venga in ufficio.”
Ma l’ufficiale, quello che può decidere, non c’era, aveva avuto un’emergenza.
Dopo due ore l’avv. Beipensieri, sbotta:
“Ma scusi, è quasi mezzanotte, io domattina ho udienza in tribunale! Non si può…”
Non riesce a finire la frase che una guardia si china verso di lui e gli sussurra all’orecchio:
“È scoppiata la guerra tra Cina e Stati Uniti, ma non possiamo ancora dirlo, capisce?”
“Ma cosa c’entriamo noi, che siamo dall’altra parte del globo?”
“È quello che dico anch’io, ma cosa c’entriamo noi, e magari a me mi mandano al fronte chissà dove… Pare che il Principato di Trieste entri in guerra a fianco degli Stati Uniti, non abbiamo neanche un esercito, neanche un carro armato, neanche un jet da combattimento… ci metteranno tutti in fanteria, in trincea… a me quando mi hanno fatto il corso non mi hanno neanche insegnato a teleguidare i droni, almeno quello sapessi fare.”
L’avvocato è scoraggiato, a un certo punto gli viene un’idea:
“Scusi, io non posso entrare a Trieste, d’accordo, posso almeno tornare indietro in Slovenia? Così dormo in un albergo e domattina presto mi presento qua. Sarà tornato il vostro comandante e son sicuro che una soluzione la troviamo! Eh, diamine!”
La guardia, grazie al cielo, è ragionevole, gli restituisce il passaporto e lo lascia andare. Beipensieri sale in macchina, fa dietro front e si presenta alle guardie di frontiera slovene. E gli tocca la sfiga fatale.
“Scusa, mi gho visto lu due volte, una che va e una che torna indrìo ieri, cossa essere questo via e vai? Scendere macchina e aprire cofano. Lu cittadino Trieste, no? Ecco, lu in guera aliato con Stati Uniti, Slovenia in guera aliata con Cina. Nemico non potere entrare. Machina sequestrata, passaporto sequestrato e adesso vedere cosa dice capitano de lu. Scendere e mettersi contro muro, stare fermo. Se lu scappare noi sparare.”
“Scusi, voi potete dirlo che è scoppiata la guerra e quelli di Trieste no? Cos’è questo disallineamento comunicativo?”
Mentre lo sloveno cercava sul vocabolario “disallineamento” a Shanghai scoppiava la prima bomba atomica. Bomba tattica, però, niente di così tragico.

 

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