I fondatori Usa erano pro choice

di Robin Morgan
Illustrazione di Liza Donnelly
Traduzione di Margherita Giacobino

 

“Accuratezza storica”: parole che sono armi potenti.
Sono grata a Sarah Hougan Poggi (ostetrica) e a Cynthia A. Kierner (storica) per il loro articolo del 19 luglio sul Washington Post e a un altro articolo del giornale della Freedom from Religion Foundation per le informazioni che seguono, ricavate da entrambe le fonti.
La premessa di base del parere del giudice della Corte Suprema Samuel Alito e poi del parere di maggioranza nel caso Dobbs vs Jackson Women’s Health Organization era che la Costituzione può proteggere il diritto all’aborto solo se è “profondamente radicato nella nostra storia e nelle nostre tradizioni”. (All’epoca, nel mio blog, ho argomentato che allora avremmo dovuto accogliere con favore il ripristinodell’istituzione della schiavitù, visto che la schiavitù era certamente “profondamente radicata” nella nostra storia e nelle nostre tradizioni). La prova di Alito che l’aborto è sempre stato considerato un atto criminale e quindi qualcosa che la Costituzione non dovrebbe mai proteggere, consisteva in una singola causa criminale del 1652 nella colonia (cattolica romana) del Maryland. Da lì ha fatto un balzo in avanti fino alle leggi che alcuni Stati hanno emanato, per lo più a metà o alla fine del XIX secolo, per criminalizzarlo. Un’indagine scadente e superficiale sull’aborto nei tempi andati, del tutto incompleta, soprattutto perché ignorava la storia dell’aborto negli anni in cui la Costituzione stessa fu redatta e ratificata.
In quell’epoca, l’aborto era regolato dalla common law anglo-americana. In base a questo quadro, esso era legale prima del “quickening”, il momento in cui la donna incinta avverte per la prima volta il movimento del feto, un traguardo altamente soggettivo che di solito si verifica intorno alle 16-22 settimane di gestazione. Tuttavia, anche dopo il quickening, poche persone sono state perseguite per aborto, e ancor meno condannate – fatto che il parere di Alito non menziona.
La ragione è semplice: nella prima repubblica, l’aborto era una questione privata, non un motivo di interesse pubblico. E non era considerato un atto criminale.
Contrariamente a quanto affermato da Alito nella causa Dobbs, tre Fondatori della Repubblica, tutti originari della Virginia – Thomas Jefferson, Patrick Henry e John Marshall – non hanno sporto denunce in un caso giudiziario sensazionale dell’epoca in cui erano state scoperte prove di un aborto
La storia è affascinante, soprattutto alla luce dell’estrema enfasi conservatrice dell’attuale Corte sull'”originalismo”, che si propone di emettere sentenze basate solo sull'”intento originale” degli estensori della Costituzione e dei Fondatori della Repubblica.
Nel 1792 la diciottenne nubile Nancy Randolph, parente di Jefferson, fu messa incinta dal cognato e cugino ventiduenne Richard Randolph. Nancy viveva con Richard e sua moglie, la sorella Judith, nella loro piantagione della contea di Cumberland, in Virginia, opportunamente chiamata “Bizarre”.
Nel settembre di quell’anno, la cugina e cognata di Nancy e Judith, Martha Jefferson Randolph, figlia di Jefferson, venne in visita. Trovò Nancy indisposta e riluttante a spogliarsi davanti a lei. Ritenendo che Nancy fosse incinta, Martha le consigliò la gomma di guaiaco, un’erba nota per trattare l'”ostruzione mestruale”, un eufemismo per indicare la gravidanza. Al ritorno a casa, infatti, Martha inviò l’erba a Nancy e le ricordò che poteva “causare un aborto”.
Due settimane dopo, Richard, Judith e Nancy andarono in visita dagli altri cugini Randolph e Mary Randolph Harrison. (In quel periodo i Jefferson e i Randolph, tra le prime famiglie della Virginia, si sposavano spesso tra loro). Durante la visita, Nancy apparve malata e si ritirò presto, svegliandosi poi con un urlo nel cuore della notte. Il mattino seguente le sue lenzuola erano insanguinate. Randolph Harrison vide del sangue sulle scale e notò il “notevole pallore di Nancy e un odore sgradevole”. Quando un schiavo trovò quel che sembrava essere un feto bianco su una catasta di legna, la voce si diffuse in tutta la comunità di schiavi e tra i bianchi di tutte le classi, e raggiunse rapidamente Filadelfia. Da lì Jefferson stesso scrisse alla figlia Martha, esprimendo solidarietà per Nancy: “Vedo la colpa in una sola persona, e non è lei”, intendendo che il colpevole era il cognato, Richard, anche lui parente di Jefferson.
Per l’opinione pubblica Richard aveva messo incinta la cognata, il che, tra l’altro, costituiva un incesto secondo la legge della Virginia, e ucciso un neonato vivo. Richard affermò la sua innocenza in una lettera al giornale, lettera ancora esistente. Ma di fronte alle crescenti pressioni, si consegnò allo sceriffo della contea e fu accusato di “omicidio di un bambino partorito dal corpo di Nancy Rudolph o complicità nello stesso”.
Dal punto di vista medico, cinque elementi suggeriscono che ciò che era accaduto non è stato l’omicidio di un bambino vivo, ma un aborto volontario al secondo trimestre. In primo luogo, Nancy aveva ingerito un abortivo, il guaiaco. In secondo luogo, i testimoni riferirono che aveva il ventre ingrossato, ma non che portò a termine la gravidanza. In terzo luogo, la breve crisi di Nancy era più compatibili con un travaglio latente che con un travaglio attivo. Nel primo caso, la cervice si dilata fino a 4-6 centimetri, sufficienti per il passaggio di un feto di 1 o 2 chili, mentre
nel travaglio attivo doloroso, con le spinte si raggiungono i 10 cm di dilatazione. In quarto luogo, non fu udito alcun pianto di neonato vivo. Inoltre, Nancy più tardi partorì un figlio a termine, il che indica che non presentava fattori di rischio, come anomalie uterine o cervicali, che potessero indurre un aborto involontario al secondo trimestre. Nel complesso, le prove supportano la conclusione che Nancy ingerì erbe per provocare un aborto al secondo trimestre e che ci riuscì.
Nel 1793 Richard apparve davanti a un tribunale di giudici di contea che valutava il peso di gravi accuse criminali per decidere se dovessero essere deferite a un tribunale superiore. In quegli anni pochi imputati avevano un avvocato, ma Richard e il suo patrigno misero insieme una squadra notevole: Patrick Henry, carismatico avvocato ed ex governatore famoso per il suo discorso “datemi la libertà o la morte”; John Marshall, una stella nascente e futuro presidente della Corte Suprema degli Stati Uniti; e William Campbell, il procuratore degli Stati Uniti per la Virginia.
Le prove dimostrarono in modo schiacciante che la gravidanza di Nancy si concluse quella notte a casa Harrison. Marshall riportò la testimonianza di Martha Randolph (ricordiamo che era la figlia di Jefferson!) che Nancy era incinta e che lei, Martha, le aveva consegnato l’erba, notando che la gomma di guaiaco era “intesa” per provocare un aborto. È da notare che Marshall non descrisse questo fatto come un crimine. Non sembra che nessuno si sia preoccupato di determinare se la gravidanza avesse raggiunto lo stadio del quickening. I tre avvocati ottennero il rilascio di Richard. La liberazione di un ricco uomo bianco con ottimi avvocati non sorprende, ma ciò che è notevole, e rilevante per i dibattiti odierni, è che furono scoperte le prove di un aborto da parte una donna non sposata, e non si indagò a fondo né si presero provvedimenti. In seguito Nancy avrebbe ammesso di essere stata effettivamente incinta, ma né lei né la sua complice – Martha, la figlia di Jefferson! – furono mai incriminate.
L’aborto fu poi criminalizzato in Virginia e in alcuni altri Stati nel XIX secolo, e la conclusione storicamente più accurata è l’opinione di maggioranza del giudice Harry A. Blackmun nella causa Roe contro Wade del 1973, secondo cui “al momento dell’adozione della nostra Costituzione, e per la maggior parte del XIX secolo, l’aborto era visto con meno sfavore rispetto alla maggior parte degli statuti americani attualmente in vigore”. In altre parole, una donna godeva di un diritto sostanzialmente più ampio a interrompere la gravidanza rispetto a quello che ha oggi nella maggior parte degli Stati.
Sebbene gli appunti di Marshall sulla causa Randolph siano ampi, questo episodio è scarsamente documentato nei registri dei tribunali di contea e non ha generato alcuna giurisprudenza formale. Tuttavia, l’episodio merita di essere esaminato poiché coinvolgeva i principali fondatori della Repubblica che occupavano posizioni molto diverse nello spettro politico, sia a livello nazionale che in Virginia: Marshall, il federalista, credeva in un governo nazionale forte e nella santità della legge; Jefferson sosteneva soprattutto un sistema decentralizzato e i diritti individuali; Patrick Henry era un religioso arciconservatore e un populista. Ma tutti e tre concordavano sul fatto che l’aborto fosse una questione privata, non un atto criminale meritevole di ulteriori indagini e procedimenti giudiziari. È interessante che Nancy abbia poi sposato Gouverneur Morris di New York, un influente firmatario della Costituzione, che era ben consapevole dei suoi trascorsi.
Questa storia dimostra che il concetto di aborto come questione privata era in realtà “profondamente radicato” nella mente dei Fondatori della nostra nazione. Forse basterebbe che qualche avvocato intraprendente iniziasse una causa ben pubblicizzata?

*L’articolo è apparso sul blog di Robin Morgan il 19 settembre 2022

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