della Misantropa
Illustrazione di Manuela De Falco
Me l’ha portata un’amica che traslocava e non aveva più posto per lei. Bella non si può dire, però ha un’aria determinata, diciamo pure ostile, con quelle foglie strette e puntute color verde polvere e marroncino. Le più tenere, in punta allo stelo dritto come una lancia, fanno pensare alle fauci di un baby coccodrillo.
Crescerà, qui? ho chiesto scettica. È infestante, ha detto l’amica. Beve poco e fa quello che vuole.
Casa mia è un ambiente durissimo: centro città, polveri sottili e anche spesse (quella di sopra che scopa giù direttamente dal balcone), poche ore di sole micidiale, tasso di umidità da foresta del Borneo, insetti defoliatori di ogni genere e specie, mancano solo le cavallette ma mi dicono che stanno arrivando. Ho capito da tempo che devo accontentarmi: niente orchidee per miss Blandish, quel che cresce merita di vivere, senza guardare troppo per il sottile.
L’ho messa fuori e l’ho ignorata. Era quello che voleva.
Però, di nascosto, la tenevo d’occhio.
Non ci eravamo veramente presentate ma da un’app di spionaggio vegetale ho saputo che di cognome fa Kalanchoe, il nome non lo dico per riservatezza.
Kalanchoe è cresciuta e si è moltiplicata. Su ogni dentino delle foglie è comparsa una pianta in miniatura, bella e innocente con le sue radichette, un piccolo paracadute pronto a lanciarsi nell’avventura della vita. Nei vasi vicini, e anche non tanto vicini, piccole dolci Kalanchoe sono comparse tondeggianti e poi cresciute acuminate, boccucce di caimano dritte su lance guerriere.
Una me la sono ritrovata sul davanzale di cucina, come ci sia arrivata lo sa solo lei. Ha cominciato a salire, salire, finché l’ho persa di vista.
Kalanchoe va su veloce, sempre più in fretta, oltre la finestra, verso il sole del mattino.
Noi tutti chiusi in casa e lei libera di andare dove le pare. Il solo essere mosso da un anelito di libertà in tutto il condominio. Ogni tanto, sul presto, viene a trovarla un uccello sconosciuto, venuto a esplorare la città deserta. Che informazioni si scambiano?
E un giorno vedo i vicini di fronte, una coppia giovane precocemente avviata verso la violenza domestica, che fissa qualcosa qui, sul muro di casa mia. Puntano il dito e discutono, alzando la voce come al solito. Storcendo il collo e rischiando la vita a forza di sporgermi, scopro che Kalanchoe è fiorita lassù, un metro sopra la mia finestra. Ne vedo solo un pezzetto, ma capisco che è un fiore enorme, una cascata di campanule arancioni, lussureggianti, una roba da isola tropicale che vien fuori direttamente dal suo DNA malgascio.
Non ti vergogni? le dico. Sono tre anni che ospito te e le tue sorelle coccodrille e mai un fiore! Per una volta che fiorisci vai a farlo dove non posso neanche vederti? Cos’è, uno sberleffo?
Per un istante penso di tagliarla, ma è diventata così dura alla base che avrei bisogno di una sega.
Ma poi quel fiore lassù, libero e distante, imprendibile, fluttuante tra il terzo e il quarto piano, tra il Norditalia e il Madagascar, mi fa pensare. Sognare, perfino.
Non lo vedo, quindi lo immagino.
In fondo, la rispetto. Mi sono sempre piaciute le ragazze indipendenti.