Io e la natura

Cronache di una cittadina trapiantata su un selvaggio bricco del cuneese

di Manù

 

 

Ieri la gatta Baby ha passato il pomeriggio a portare lucertole vive in casa. Una di queste per sfuggire alle sue grinfie si è infilata nel ricciolo di un portavaso in ferro battuto e ci è rimasta incastrata, con la testa e una zampina anteriore che uscivano davanti e coda e zampe posteriori che uscivano dietro.
Presa dal panico al pensiero dell’orribile e lenta morte a cui andava incontro, cerco di capire se si può fare qualcosa. Armata di tenaglie provo ad allargare la voluta di ferro che schiaccia la creatura ma non riesco a smuoverla di un millimetro. Provo allora a tirare e spingere un po’ la lucertola ma vedo che la zampina imprigionata è pinzata malamente. Nel frattempo l’ingrata mi azzanna un lembo del guanto da giardiniera che indosso e non lo molla più.
Sembra impossibile cercare di liberarla, quindi mi ritrovo di fronte a due opzioni:
– aspettare che agonizzi fino alla morte e rimpossessarmi del portavaso e del guanto
– porre fine alle sue sofferenze e rimpossessarmi del portavaso e del guanto.
La prima mi sembra orribile e la seconda non ne ho il coraggio.
Spero che le venga un infarto e muoia in fretta da sola ma non sembra averne intenzione, tanto più che continua a tenere saldamente il mio guanto tra le fauci.
Potrebbe metterci ore o giorni a morire, quindi alla fine prendo il portavaso con annessi lucertola e guanto, vado fuori e mi armo di un pietrone enorme.
Sferro il colpo. Quando rialzo la pietra preparandomi a trovare la testa della bestiola in polpette la trovo invece illesa. Ho colpito solo il ferro, lei è vispa come un grillo, però ha mollato il guanto.
Se né la gatta né il ferro né il pietrone l’hanno uccisa è evidente che non è arrivata la sua ora.
Ho un lampo di genio. Olio extra vergine di oliva nel buco e piano piano, tira e spingi, tira e spingi cercando di non farle male, per quanto sia impossibile capire quando una lucertola si sente male. Un millimetro alla volta la parte anteriore viene fuori e vedo che la zampina che mi preoccupava sta benone. Lei è agguerrita e ha di nuovo azzannato il guanto, ma sembra quasi aver capito, non si divincola più e si spinge con le zampe anteriori ormai entrambe libere.
Dopo quarantacinque minuti di tira e molla la lucertola, libera e salva, va a rifugiarsi sotto il pietrone con cui ho tentato di schiacciarla.
Dopo un po’ senza neanche un grazie se ne va. Non mi è dato di sapere se dopo cinque minuti sia finita in bocca ai gatti ma io la mia parte l’ho fatta e sono contenta.
Ho anche imparato che:
– non ho nessun futuro come giustiziera o killer
– le lucertole mordono e si distinguono per ingratitudine.

Foto di Manù e Andrea Ferrante

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