Cronache di una cittadina trapiantata su un selvaggio bricco del cuneese
di Manù
Le manifestazioni di una natura quasi incontaminata risvegliano una memoria senza tempo e senza ricordi, assopita forse da sempre nel mio essere a mia insaputa, che mi pervade di un’irresistibile gioia fisica.
Questo, unito alla simpatia di Linda, fa sì che alle undici di sera, invece di cercare di porre rimedio alle mie lacune intellettuali godendomi il tepore casalingo, io mi ritrovi a giocare con lei come una bambina, scivolando sul ghiaccio, nascondendomi dietro gli alberi per sfuggire ai suoi agguati e andando a caccia dei topolini che si nascondono nelle scorte di becchime per galline.
I dolorini che sento un po’ ovunque il mattino mi ricordano invece che bambina non sono più. Alla fine, duramente provata da mesi di escursioni notturne, ho preso Linda e l’ho portata in casa.
È così che ho dato inizio a un altro tipo di delirio.
Linda, la piccola selvatica arrivata mesi fa, sta in realtà manifestando un’indole da gatta da appartamento.
Dopo aver trottato per tutta la casa annusando qua e là, ha scelto la poltrona preferita di Bibo e Baby, in cucina, si è piazzata e non si è più mossa da lì.
È anche la mia poltrona preferita, ma ho dovuto rinunciarci non trovandola mai libera.
Bibo, esterrefatto e scandalizzato, aspetta, paziente come sa essere un gatto, che io mi distragga per mangiarsela. Baby mi gironzola intorno strusciandosi e dandomi testate sulle gambe, guardando lei con aria assassina, quasi a chiedermi il permesso di farla a strisce.
Abitare in una casa senza porte interne non mi aiuta.
Così, oltre a dover fare i turni, Bibo e Baby dentro, Linda fuori, Linda dentro, Bibo e Baby fuori, ho rimediato nell’ex fienile un pannello di polistirolo che uso per separare il salotto dalla cucina, perché i turni non possono essere troppo lunghi e spesso Linda non vuole più uscire neanche spingendola fuori.
Orribile, scomodissimo e poco sicuro, il pannello di polistirolo mi ha spinta a desiderare una porta che farò mettere il più presto possibile e a riflettere su come le decisioni che prendo per il benessere delle mie bestiole , hanno in realtà sempre la conseguenza di complicare la vita a me.
Credo che su questo dovrò lavorare a lungo.
Si dice che l’arrivo della primavera si senta nell’aria.
E in effetti è così.
Sfumature di calore si insinuano nel frizzante freddo invernale e l’odore dell’erba torna a confortare le narici.
Qualche fiorellino qua e là colora i residui dell’inverno e dell’autunno passato.
Ma i protagonisti assoluti sono gli uccellini.
Anche quelli che si erano chiusi in un rigoroso mutismo per tutto l’inverno si mettono a cantare, con vigore e frenetici, quasi volessero recuperare il tempo perduto.
E così al mattino presto c’è un gran frastuono, un guazzabuglio di esibizioni canore, note stridule, colpi di tosse e brontolii.
I merli, i primi a svegliarsi e gli ultimi ad andare a dormire, aprono e chiudono le danze.
Accompagnata da questa orchestra, mi è impossibile sentirmi sola e smarrita.
Ma preoccupata da quello che mi aspetta, sì.
Quello che sembra il preludio di un evento ancora ragionevolmente lontano, esplode di colpo.
L’erbetta appena spuntata improvvisamente arriva al ginocchio, bisogna preparare l’orto, sistemare il pollaio provato dal peso della neve invernale, rinvasare le piante che lo chiedono, rincorrere le galline Rita, Clara e Luigina che, euforiche per la riconquistata libertà, non ne vogliono saper di tornare al chiuso.
C’è sempre un momento, anche se breve, in cui rimpiango i riposanti mesi invernali.
Le galline, grate di poter scorrazzare di nuovo liberamente, mi seguono come se fossi la loro guida spirituale, Linda segue le galline come se fossero un’importante fonte di studio del suo prossimo pasto e il cane Michi chiude la fila perché ha bisogno di seguire qualcuno.
Geppo, il cane dei vicini, seduto composto al sole, ci guarda e probabilmente si fa delle domande.
Lo capisco, me ne faccio anch’io.
In un momento in cui Linda era fuori ho trovato Bibo in cucina sull’ambitissima poltrona.
Si è messo imbronciato sul bordo della copertina su cui dorme Linda, non sia mai detto che lui e l’odiatissima intrusa si corichino sullo stesso giaciglio.
Tanto per ribadire il concetto, nel caso non mi fosse chiaro, fa delle piccole spruzzatine di pipì qua e là, guardandomi con indignazione e sfida.
E temo che questo sia solo l’inizio.
Michi invece è per la pace nel mondo e questo fa sì che vada d’accordo con tutti.
Il detto “Sono come cane e gatto” per indicare due che non vanno d’accordo dovrebbe essere modificato in “sono come gatto e gatto”.
Quando Michi la sera finalmente si addormenta nella sua cuccia, stremato dai km che ha percorso nel seguire me, dalla cucina al salotto e dal salotto alla cucina, Linda gli si avvicina quatta quatta e dopo avergli annusato con dovizia un orecchio, inizia a dargli delle delicate pacche sulla testa con una zampina.
Pat, pat.
……….
Pat, pat.
…….
Michi si sveglia , tira su la testa e si guardano, vicinissimi.
Lui non capisce e dopo un po’ si rimette a dormire.
Pat, pat.
……
Pat, pat.
…..
E la scena si ripete per due o tre volte.
Poi Linda se ne va.
Sventato attacco di due poiane alle mie galline, sul marciapiede dietro casa.
Meno male che starnazzano forte.
Le aggressore sono fuggite grazie al mio intervento.
Due feriti, nessun morto.
Luigina, grondante di sangue, riporta in realtà solo due buchi sulla cresta.
Dato Rescue Remedy.
Clara zoppica, ma non si rilevano ferite evidenti.
Rita nascosta sotto lo stendibiancheria, illesa.
Adesso sono chiuse per qualche giorno di convalescenza.
Molto scocciate invece di ringraziare.
Foto di Manù e Andrea Ferrante