Cronache di una cittadina trapiantata su un selvaggio bricco del cuneese
di Manù
Pare che le lucertole vivano una decina di anni e i ramarri addirittura venti.
Naturalmente se non finiscono prima in bocca ai miei gatti.
Il tasso di mortalità infantile è ovviamente altissimo, visto il quantitativo di predatori che se ne cibano. Alcuni, per me, del tutto inaspettati.
La gallina Clara, per esempio.
Il mio stupore ha raggiunto il culmine quando ho visto un piccolo di lucertola intrappolato in una ragnatela enorme, mentre un ragno di rispettabilissime dimensioni se ne stava cibando.
Disturbato dalla mia presenza il ragno ha portato la sua preda in un punto nascosto e se la mangia un po’ alla volta, giorno dopo giorno, succhiandone i liquidi interni, ne deduco, dal momento che la malcapitata creatura continua a essere intera ma sempre più rinsecchita.
Da quando è rimasta sola nel pollaio, Clara mi segue come un’ombra da quando le apro al mattino fino a quando non la richiudo, e partecipa con entusiasmo a tutte le mie attività. Se mi sdraio al sole lo fa anche lei.
Ormai però le sfugge completamente il concetto del razzolamento.
Recita il dizionario: Razzolare, di polli e altri gallinacei, raspare in terra con il becco e le zampe. “La gallina razzola nell’aia”.
Appunto. In terra. Non in casa.
Dopo aver passato qualche giorno accucciata sullo zerbino, pronta a fiondarsi dentro ogni qual volta aprivo la porta, Clara si è accorta della finestra di cucina lasciata aperta per i gatti e non ci ha pensato due volte. Oltretutto, entrando da lì si ritrova direttamente sul piano della cucina, quindi è ancora più soddisfatta.
Ieri, mentre tagliavo la carne per i gatti, esasperata dalla sua presenza sul davanzale gliene ho tirato un pezzettino e lei l’ha mangiato con la voracità di un grande carnivoro.
Ormai gli spazi intorno a casa, i balconi, i davanzali, le scale, gli zerbini, sono un campo minato dalle sue cacche e mi sto chiedendo se non sia il caso di inserire la voce “due galline” nella prossima lista della spesa.
Sperando che questo risvegli in lei la coscienza di essere una gallina, e non un gatto.
Ieri sera sul muretto dietro casa c’era un tasso enorme che si stava rosicchiando una mela, tenendola ben ferma con le zampette.
Con la faccia schiacciata contro il vetro, l’ho spiato per un buon quarto d’ora ma poi non ho più resistito, ho aperto la porta e gli ho urlato “ehilà! ciao bel tassone!“
Lui ha tirato su la testa, mi ha guardata, ha mollato la mela e se l’è data a gambe.
Accidenti, che altro potevo aspettarmi?
Il sole sorge tutte le mattine.
Questo mi dà un certo senso di sicurezza.
Tutto il resto mi preoccupa.
La stagione dei funghi si è contraddistinta per la totale assenza dei medesimi, non solo quelli pregiati ma anche tutti gli altri, dai non commestibili ai velenosi.
Niente porcini, pinaioli, amanite, lingue, mazze di tamburo, gallinacci, niente di niente.
Non si sono visti neppure quelli comunemente chiamati i peti del lupo, che solitamente infestano boschi, rive e sentieri.
I miei meli rossi hanno prodotto 5 mele in tre, sul pero ci sono 9 pere, avevo qualche speranza per le mele renette, ma stanno cadendo tutte, bacate da qualche insetto e aiutate da Ginetto che ultimamente adora il gioco “acchiappa la mela” che consiste nell’appendersi a un ramo, sgrullarlo fino a quando la mela non cade e poi inseguirla a rotta di collo giù per la riva.
Le temperature di luglio e agosto, fatta eccezione per pochi giorni, sono state degne di settembre e ottobre, con escursioni termiche paragonabili a quelle delle zone desertiche.
Se poi mi azzardo a seguire un tg assorbo un’ulteriore planetaria dose di incertezza. Sembra proprio che tutto sia questione di opinioni sul pianeta, tranne per quelli che stanno morendo in guerra, di fame, o ammazzate dal consorte.
Oggi qui è autunno.
Non piove, non c’è il sole, non fa freddo, non fa caldo.
Io risucchiata da questo limbo non ho voglia di far niente, mi sento persino un po’ sola, mi chiedo se sarebbe diverso se fossi in città.
In preda a scazzo cosmico decido di far due passi.
Michi, così fedele da poterlo definire morboso, mi segue.
Dopo una cinquantina di metri mi vedo superare ai duecento all’ora da Ginetto, subito seguito da La Lindo, qualcuno mi si struscia sulle gambe, abbasso lo sguardo ed è Bibo, mi volto e vedo che ci sono anche Baby, Mina e Linda che chiude la fila.
Ci sono tutti.
In realtà mancano Clara la gallina e Geppo il cane, ma una è chiusa nel pollaio e l’altro dorme.
Continuo la passeggiata con loro.
Giocano, saltano, si fanno gli agguati, si arrampicano sugli alberi, senza mai perdermi d’occhio. Ogni tanto vengono a salutarmi con una testatina ogni tanto.
Mi divertono, mi commuovono e mi fanno compagnia.
Sì, in città sarebbe diverso.
Sarebbe peggio.
Foto di Manù e Andrea Ferrante