Cronache di una cittadina trapiantata su un selvaggio bricco del cuneese
di Manù
La primavera inoltrata è il periodo consacrato al decespugliatore.
Basta una pioggerella e l’erba cresce a vista d’occhio, manifestando una certa invadenza.
Tutte le varietà di piante dalle proprietà benefiche di cui per anni ho comprato le tinture madri – ortica, iperico, tarassaco, malva, equiseto e tante altre che sicuramente fanno bene a qualcosa – diventano indistintamente erbacce, e si finisce per odiarle. Crescono dappertutto attorno a casa, dove vogliono loro e non dove voglio io.
Se si ha un lastricato di pietra o una scala si può star sicuri che verranno invasi dal depurante tarassaco che, se lasciato crescere, diventa enorme ed è impossibile estirparne le radici.
Le aiuole si riempiono di malva e di ortiche e l’iperico diventa così alto da farti ombra.
Il decespugliatore è un attrezzo infernale e interessante.
Alimentato a miscela, è rumoroso e puzzolente, trita qualsiasi cosa e se usato costantemente sullo stesso pezzo di terra nel tempo porta a “perdere” alcune specie di piante, di solito quelle che uno vorrebbe che ricrescessero, tipo il mirtillo o il giglio di San Giovanni. Le infestanti naturalmente ricrescono rigogliose dopo poco tempo.
Però permette di tener puliti grossi prati e rive in tempi relativamente brevi.Questo se si è capaci di usarlo con destrezza.
Nel mio caso diventa un attrezzo interessante anche per l’osteopata che dovrà rimettermi a posto la schiena dopo che ho finito di decespugliare con fervore il pezzo dietro casa, mettendoci due giorni e lasciandomi dietro un ciuffo di erba qui è uno la, come una testa dai capelli mal tagliati.
Guardarmi intorno mentre faccio cose banalissime, come salire le scale per andare a posare il bucato pulito, a volte è un’occasione per lasciarmi cogliere dallo stupore.
Ho visto un bruco trasformarsi in farfalla.
Era lì, immobile, sull’alzata del gradino, una piccola macchia di colore che ha attirato il mio sguardo mentre passavo.
E quello cos’è? ho pensato avvicinandomi per vederlo meglio.
Su un corpo di bruco ho riconosciuto l’abbozzo delle due piccole ali bianche e nere appartenenti a quelle comuni farfalle di medie dimensioni che svolazzano numerose da queste parti.
Sta a vedere che ho il privilegio di assistere alla famosa metamorfosi e per fortuna non è quella di Kafka!
La velocità con cui avviene il tutto mi stupisce ancora.
Alle otto è decisamente una fase di transizione, alle nove il bruco non si vede già più è una mezz’ora dopo eccoti lì la farfalla.
Che tra l’altro è ancora lì adesso.
Per avere la vita di un sol giorno devo dire che se la prende piuttosto comoda.
Foto di Manù e Andrea Ferrante
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