Cronache di una cittadina trapiantata su un selvaggio bricco del cuneese
di Manù
Io e il cane adottivo Bix facciamo progressi.
Inizialmente mi sono stupita di quanto fosse buono. Con i gatti, con Michi, con le galline.
In realtà stava solo sondando il terreno.
E non ci ha messo molto a capire che come figura di autorità sono una schiappa.
Doveva anche essere un po’ depresso, sia per i suoi trascorsi drammatici sia perché con la persona che lo ha tenuto in stallo per tre mesi stava bene e probabilmente era convinto di aver trovato casa. Poi si è ritrovato con un’estranea che, per carità, lo tratta bene e gli dà delle cose buonissime da mangiare, ma lui deve ricominciare tutto da capo e chissà se questa è casa o solo l’ennesimo passaggio.
Pensando questo mi intenerisco, poverino, poverino, e lui inizia a farsi bellamente i fattacci suoi.
Ignora tutti i miei richiami, per quanto mi sforzi di avere toni secchi e autorevoli, e nel giro di qualche giorno ringhia a Michi e tenta di mordere due persone che hanno provato a accarezzarlo.
In realtà ha una gran paura degli umani, in particolare maschi, si sente costantemente minacciato.
Pur con tutta la comprensione, ho dovuto diventare dura.
Mamma mia che fatica.
Ma ora va meglio. Ho capito quando usare un tono secco e quando ha bisogno di essere tranquillizzato.
Lui comincia ad ascoltarmi un po’, manifesta persino una certa forma di allegria e ogni tanto mi regala qualcosa che assomiglia a una manifestazione di affetto.
Ultimamente al mattino presto e nel tardo pomeriggio sembra aver voglia di giocare.
Questo non può che farmi un gran piacere, ma mi chiedo perché mai non poteva capitarmi un bel cane da riporto, tipo io ti tiro il bastone o la palla e tu me li riporti.
Ci ho provato, ma il bastone devo andarmelo a riprendere io e con la palla finisce che ci giochiamo io e Ginetto, il gatto.
Il gioco di Bix consiste nel correre in cerchio in cortile, con la faccia da scemo emettendo un verso che assomiglia a un ringhio, poi dopo aver preso lo slancio mi si scaglia contro, mi fa lo sgambetto con le zampe e contemporaneamente cerca di mordicchiarmi la parte del corpo che riesce a raggiungere.
Quando ho qualcosa in mano, tipo un guanto da lavoro o una maglia, me lo frega e scappa.
Mi fa ridere un sacco, ma non ho più il fisico. Esco da queste sessioni di gioco distrutta.
Ogni tanto vorrei fare una cosa normalissima, una passeggiata con i cani.
E invece no.
Michi si distrae e mi perde o lo perdo.
Bix mi sta vicino per qualche metro, poi decide che vuole andare di là mentre io invece voglio andare di qua, allora si ferma, si gira e mi guarda con una faccia del tipo – vieni o no?
Cerco di convincerlo ad andare nella direzione scelta da me, devo essere ferma e decisa, mica posso fare come vuole lui, gli faccio notare che, diamine!, sono la capobranco, colei che lo nutre e gli dà un tetto, non può ignorarmi così, ne va della mia dignità!
Lui si gira e se ne va per i fatti suoi.
Ok, ci vediamo a casa!
Così mi sfogo con i gatti. Loro mi seguono, mi aspettano, mi accompagnano ovunque e se li chiamo mi ascoltano.
Se ne hanno voglia, naturalmente.
Ho perso Michi.
Poi l’ho ritrovato ma le due ore e mezza passate a cercarlo sono state tra le più brutte della mia vita.
A 180 metri da casa, sul confine della proprietà, il mio vicino ipovedente anni fa fece mettere una di quelle sbarre automatiche collegate a un citofono.
Una gran comodità, peccato che io non abbia il citofono e sapendo che il mattino dopo sarebbe arrivata gente presto per fare dei lavori, sono andata con i cani Bix e Michi ad aprirla manualmente.
In quel momento arrivano i miei vicini del fine settimana, che hanno una gran paura di Bix, e mentre cerco di tenerglielo lontano non mi accorgo che Michi, completamente sordo e perso a seguire chissà quale odore, è sparito.
Sarà rientrato in casa? No.
Torno sui miei passi e avvicinandomi alla sbarra sento passare un’auto, una rarità da queste parti, che suona addirittura il clacson.
Oddio! In mezzo alla strada ci sarà Michi, che il clacson non lo sente, e verrà investito!
Corro sulla strada: nessuno, né auto né Michi.
E se vedendo un cagnolino solo, sgarruffato, senza collare, con l’aria confusa, l’hanno caricato per portarlo al canile?
Vado su e giù gridando il suo nome a gran voce, conscia dell’inutilità di chiamare un cane sordo, poi decido di ripassare da casa per vedere se è tornato.
No.
Comincia a fare buio e, tanto per alimentare la mia ansia, mi viene in mente che non vedo quella disgraziata della gatta Lindo dal mattino del giorno prima.
A questo punto ho una gran voglia di battere la testa contro muro, ma opto per fare qualcosa di più utile e torno in strada a cercare Michi, sperando di avere fortuna e incontrare anche la Lindo.
Allargo il raggio di ricerca e finalmente, a circa un chilometro di distanza, quando ormai ero in procinto di piangere, vedo Michi in lontananza che fa avanti e indietro sulla stessa striscia di prato.
Io mi lancio verso di lui, lui si lancia verso di me, io piango dalla gioia e lui urla come un’aquila perforandomi un timpano, mi butto per terra e ci abbracciamo, io sempre piangendo e lui sempre urlando, poi me lo carico in braccio e torniamo a casa.
Cretino.
La Lindo invece è tornata il mattino dopo. Le sue sparizioni sono ormai all’ordine del giorno, ho deciso di abituarmi perché sono giunta alla conclusione che con questi qua o mollo l’ansia o muoio.
Quando arriva il momento di organizzare l’orto, vangare, pulire il terreno dalle radici delle erbacce, fare i solchi, piantare i picchetti eccetera, mi pento sempre di avere iniziato.
Fatica, fatica, fatica.
Ma quest’anno mi hanno aiutata.
Un signore, in cambio di una parte dei seicento metri di tubo che ho acquistato quando siamo rimasti senza acqua e che non uso più, è venuto a vangare, un’amica di famiglia mi ha regalato 22 piantine di pomodori e zucchine e soprattutto mi ha aiutata a piantarli, dandomi dei preziosi consigli.
Il risultato è un bell’orticello di cui mi prendo molto cura. Se mai ne potrò raccogliere i frutti proprio non lo so, ma per ora ne sono molto soddisfatta.
Qui in montagna bisogna partire in ritardo, dalla seconda metà di giugno, perché a maggio ci sono sempre degli improvvisi cali di temperatura che fanno morire le piantine appena messe nella terra.
Sono piuttosto sicura che il raccolto di pomodori, zucchine, zucche e cetrioli sarà abbondante, con le carote ho gettato la spugna, il terreno qui “chiude” troppo e non crescono, idem per le cipolle con cui però ho deciso di fare ancora un tentativo quest’anno.
Assolutamente incerti sono i peperoni, le melanzane e i fagiolini, insalata e sedani dovrebbero farcela.
Anziché i picchetti, ho provato a mettere i fili ai pomodori, devo dire però che adesso che le piante sono cresciute parecchio ho qualche problema di gestione, non so quello che faccio, come al solito improvviso, sperando nella fortuna.
La terra mi piace, mi piace metterci le mani dentro, osservare quello che succede giorno per giorno, mi piace strappare le erbacce e guardare l’innumerevole varietà di insetti che possono abitare in una serra, anche se spesso non sono ospiti graditi.
Comunque vada, l’orto è per me sempre una bella esperienza, anche se il raggiungimento dello scopo per cui faccio tanta fatica è incerto.
Foto di Andrea Ferrante e Manù
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