Cronache di una cittadina trapiantata su un selvaggio bricco del cuneese
di Manù
Differenze sostanziali tra la neoruralista e i/le native/i:
La neoruralista è cresciuta in città.
Manifestando fin dalla tenera età una certa attrazione per le situazioni rurali e la natura viene assecondata con libri illustrati, documentari e giochi tipo “Gli animali della fattoria” o “Indovina di chi è il verso”.
Vede per la prima volta una mucca in quarta elementare durante una gita a una fattoria didattica e coltiva pomodori e peperoni nell’aiuola del giardino condominiale, ortaggi che i genitori le vietano di mangiare visto l’alto tasso di inquinamento cittadino.
Studiando e immagazzinando informazioni online in età matura lascia un lavoro sicuro e il nido cittadino per lanciarsi nella grande avventura.
Va in estasi per il canto degli uccellini che oltre a mangiare quello che lei gli lascia si mangiano anche quello che ha appena seminato, combatte le ortiche con la falce e passa parte del proprio tempo a cercare di smaltire i rifiuti correttamente.
Piena di entusiasmo, sa tutto il possibile sull’orto sinergico e come vivere in armonia con la natura, ma si ritrova a dover affrontare una serie di ostacoli che nelle letture che l’hanno formata non erano stati segnalati e non volendo venir meno a suoi saldi principi si ritrova nel giro di qualche anno al collasso economico.
Salvo eccezioni.
Il nativo è nato in una cascina in campagna o in una borgata di bassa montagna, suo padre aveva i campi e le mucche, suo nonno aveva le mucche, il suo bisnonno faceva l’abbattitore, non si sa di cosa ma abbatteva.
A otto anni impara a guidare il trattore, a dieci a usare una motosega piccola, a quattordici una motosega grande.
Frequenta mal volentieri solo le scuole dell’obbligo e non ha tempo da perdere dietro ai libri, le forme meditative e la musica, fatta eccezione per i canti popolari della tradizione locale, che conosce tutti a memoria e se li tiene buoni per i momenti di svago alcolico.
Pensando alla pensione, appena ha l’età per farlo va a lavorare in una fabbrica di pneumatici, continuando a dedicarsi a campi e mucche quando ha finito il turno.
Si bea del canto degli uccelli ma se gli mangiano quello che ha appena seminato non esita a sparargli, combatte le ortiche con il diserbante e i rifiuti che non sa dove mettere li brucia.
Avendo iniziato a lavorare “sotto padrone” in giovane età, va in pensione presto e continuando a coltivare e allevare si garantirà una vecchiaia agiata che non si godrà a causa di un tumore alla prostata.
Salvo eccezioni.
Per quanto riguarda la nativa non ci è dato di sapere quasi nulla.
È certa la sua esistenza grazie ai rari avvistamenti presso negozi di alimenti di prima necessità ma soprattutto perché senza di essa il nativo non sarebbe in grado di sopravvivere.
Si presume che i suoi principali spostamenti avvengano dalla casa all’orto, dall’orto alla stalla e ritorno e che sia di costituzione più coriacea del nativo, con una certa tendenza a uscire allo scoperto una volta rimasta vedova.
Salvo eccezioni.
Foto di Manù e Andrea Ferrante
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