Cronache di una cittadina trapiantata su un selvaggio bricco del cuneese
di Manù
Se mettessero in scena una rappresentazione i cui protagonisti fossero i molteplici aspetti della natura umana, egoismo, razionalità, invidia e via dicendo, a me sicuramente farebbero interpretare la contraddizione.
Ho sempre cercato di rispettare la natura degli animali con cui convivo e che mi circondano e non mi è mai piaciuta l’umanizzazione a cui spesso vengono costretti gli animali domestici, ma poi non riesco a fare a meno di essere sempre preoccupata per qualcosa. Avranno una cuccia abbastanza calda? Il cibo è sufficientemente appetitoso?
Staranno comodi?
E così finisco per scaricargli addosso le mie ansie e rompergli le palle. Se poi applico questo aspetto anche agli animali selvatici è la fine.
Poveri uccellini, dove andranno a dormire con questo tempo?
E cosa mangeranno?
Quel povero lupo che hanno visto sembra essere molto magro…
E così eccomi a spargere in giro resti di pollo, avanzi che lasciano i miei pasciuti e viziati gatti, bocconcini di varia natura, scarti della verdura e quant’altro, aumentando così il rischio di attirare predatori di gatti e galline e quello di far predare più agevolmente ai miei gatti uccellini e scoiattoli.
Il risultato più sicuro è quello di nutrire e attirare tutte le specie di topolini che vivono in zona, di cui a questo punto non mi libererò mai.
Allora smetto ma poi vedo l’uccellino, abituato a trovare cibo fuori dalla mia finestra, andarsene deluso e allora ricomincio.
Neanche le piante sono esenti dalle mie persecuzioni.
Mi costringo a pensare che Madre natura non ha bisogno della mia collaborazione e che, nel caso, probabilmente mi avrebbe già licenziata.
È dura tenere il piede in due scarpe.
La salute di Linda, gatto maschio o femmina che sia, ha destato in me molta preoccupazione.
Dopo aver mangiato voracemente qualsiasi cosa per una settimana, perso il pancione, profumato con le sue puzzette i suoi appartamenti, ha smesso di mangiare.
E io sono andata nel panico.
Ho stressato telefonicamente la mia amica veterinaria.
– Secondo me ha mal di gola e mal di pancia, però gioca, non sarà grave –
Lei, facendomi pazientemente notare quanto possa essere complicato fare una diagnosi senza aver mai visto il soggetto neanche in fotografia, tenta comunque qualche ipotesi, per quanto bislacca sia la mia descrizione del quadro clinico.
– È una giovanissima femmina incinta –
– Ha perso la pancia, forse è un maschio –
– Mangia tantissimo e poi ringhia –
– Non mangia più –
– Mangia poco e vomita, però gioca! –
– E sa ha qualcosa di infettivo? –
La cura che le sto somministrando da qualche giorno sembra funzionare, Linda/Lindo ha ripreso a mangiare con un discreto appetito e non ha più vomitato, solo che adesso sembra di nuovo incinta, non tanto, solo un po’.
Vorrei telefonare alla mia amica per dirglielo ma ho paura che mi mandi a quel paese. Giustamente.
Nel frattempo ho scoperto che Baby ha la tenia, Bibo la dissenteria e Michi l’otite parassitaria e il mal di denti.
Aiuto.
La somministrazione del fiore di Bach per l’amore universale sembra funzionare.
Linda è meno furiosa quando Baby e Bibo invadono il suo territorio e loro non la attaccano più.
O quasi, perché in realtà Bibo è il più ostile, ma forse a lui devo aumentare le dosi, visto che è ormai grasso come un vitellino.
Comunque si limitano per lo più a stare ognuno nella propria postazione a guardarsi in cagnesco.
Se si può dire di tre gatti.
Linda con me è troppo carina e sembra avermi letto nel pensiero l’intenzione di portarmela in casa.
Quando me ne vado dopo l’ultima visita serale mi segue fin sulla porta, guarda dentro incuriosita e poi scappa.
Staremo a vedere come va a finire.
Amo i cani, ma l’incontenibile istinto dei maschi di segnare il territorio – non esclusivo della specie canina, per carità – mi da un po’ sui nervi.
Soprattutto se il territorio è qualsiasi cosa lasciata fuori dalla porta. Le mie scarpe, l’ombrello, una cassetta di pere, la scopa.
Diventa un girone infernale quando Geppo, il cane dei vicini, sente l’odore della pipì di Michi e non può fare a meno di coprirla con la sua e poi Michi sente quella di Geppo e a me viene voglia di strangolare tutti e due.
Per non arrivare a questa soluzione estrema ho comprato un deterrente a base naturale della cui l’efficacia dubito – ma non ho resistito all’etichetta.
Si chiama “Vai via cani e gatti”.
Per mettere le gocce nelle orecchie a Michi devo attingere a tutte le mie risorse di pazienza e di ingegno.
Inizia a guaire come se lo stessi sgozzando ben prima che lo abbia anche solo toccato e quando lo tocco mi morde e scappa via guaendo.
Allora faccio così:
aspetto che sia nella sua cuccia un po’ abbioccato, vado furtiva a prendere le gocce senza che se ne accorga, poi inizio a fargli le coccole – cicciu cicciu piru piru – , con il pretesto di accarezzarlo gli piego l’orecchio all’indietro e con l’altra mano, senza che mi veda, gli metto le gocce.
Poi ricomincio tutta l’operazione per l’altro orecchio.
Con le medicine per via orale passo invece dal cibo.
Con una mano gli faccio vedere un bocconcino appetitoso e con l’altra, quando lui apre la bocca gli sparo il farmaco.
Santa pazienza.
Ho finito la carne preferita dai miei gatti e non potendomela procurare in tempi brevi, gli sto proponendo un menù alternativo che va dal cibo per gatti biologico al nasello surgelato passando dalla carne tritata.
Loro annusano guardandomi con una punta di rimprovero, sbocconcellano qua e là e se ne vanno sdegnati, neanche gli avessi proposto del cavolfiore bollito.
Persino Linda/Lindo, che fino all’altro giorno viveva di carità, inizia a manifestare delle preferenze: questo mi piace, quell’altro un po’ meno, questo lo mangio ma preferivo quello.
Ma andassero a caccia di topi!
Foto di Manù e Andrea Ferrante