Riflessioni sul conflitto israelo-palestinese
di Anonima
Il 25 ottobre, il collettivo Effimera ha pubblicato la lettera di una donna di cittadinanza tedesca che vive in Italia, con queste parole di introduzione: “Rispettiamo la sua richiesta di rimanere anonima perché comprendiamo che può suscitare paura il clima di sistematica intimidazione di ogni opinione che si allontani dal conformismo occidentalista. Decidiamo di pubblicarla in più lingue per denunciare la gravità dell’atteggiamento delle autorità europee pronte a tollerare ogni crimine di Israele in nome della colpa europea, come se giustificare un nuovo genocidio potesse assolverci dai genocidi del passato.” Link alle traduzioni su Effimera. Critica e sovversioni del presente
La lettera
Come per tutti, l’orrore di quanto è accaduto nell’attacco di Hamas del 7 Ottobre è per me stato angosciante da vedere. I sentimenti di rabbia e tristezza per le morti inutili in Israele causate da Hamas, si sommano però al tormento dovuto alla reazione di Israele che colpisce tutta la popolazione palestinese, causando migliaia di morti, una reazione già vista in tanti episodi del passato. Mi fa così arrabbiare che la spirale di morti inutili da entrambe le parti continui ad allargarsi. E mi fa ancora più arrabbiare il fatto che nessun paese europeo, che ogni anno commemora le innumerevoli vittime dell’Olocausto, ora taccia di fronte al paragone israeliano dei palestinesi considerati come nazisti. Per esempio, l’ex primo ministro Israeliano Naftali Bennet ha insistito molto emotivamente in un’intervista a Sky News quando gli è stato chiesto che il supporto vitale per i bambini nelle incubatrici era a rischio quando Israele ha tagliato la corrente: “Sta seriamente chiedendo dei civili palestinesi? Cosa c’è che non va in te? Stiamo combattendo i nazisti… Non ho intenzione di dare elettricità o acqua ai miei nemici… Non ne siamo responsabili”. Il conduttore di Sky News ha cercato di distinguere tra Hamas e i palestinesi, cosa che non è stata accettata dal Naftali Bennet.
Non sono una studiosa di genocidi, sono tedesca. In quanto tale, non sono “autorizzata” a denunciare le atroci vicende in corso in Palestina, dato che i miei antenati furono un tempo gli aggressori contro l’intera popolazione ebraica. È molto difficile mettere per iscritto queste parole.
Come tedeschi, siamo cresciuti nella vergogna per quello che abbiamo fatto. Gli orrori dell’Olocausto erano radicati nei nostri cervelli e per decenni dopo la guerra il disgusto per i tedeschi ci è stato gettato addosso dalla popolazione locale di Francia, Paesi Bassi, Regno Unito o Polonia. Vengo da Norimberga, la città dove nel 1935 furono applicate le leggi contro gli ebrei. Nel dopoguerra il luogo della città dove Hitler tenne i suoi comizi si trasformò in un centro di documentazione che ritraeva le nostre atrocità contro gli ebrei e come funzionava il nazionalsocialismo (nazismo). Norimberga è anche la città in cui furono processati i principali criminali di guerra nazisti, la città in cui sono nati i moderni diritti umani delle Nazioni Unite per garantire che questo tipo di atrocità non si ripeta mai più.
Cosa dire da tedesca degli orrori che si stanno svolgendo a Gaza? Nulla, assolutamente nulla, perché da “tedesca” non sono “autorizzata”. Tuttavia il mio cuore dice di fermare la violenza contro i palestinesi. Voglio dire agli israeliani, nonostante il loro dolore e la loro sofferenza a lungo termine, che bombardare la Palestina non è la risposta. L’attacco di Hamas del 7 Ottobre scorso è stato l’attacco più mortale dall’Olocausto e ha riportato alla luce i ricordi dei precedenti pogrom, dell’Olocausto e dei programmi polacchi del 19° e 20° secolo. Ma il dolore non scomparirà infliggendo dolore, negando ai palestinesi acqua, medicine, cibo e benzina, bombardando zone urbane piene di civili, mentre si dice loro di lasciare le loro case e intanto bombardando anche i corridoi di fuga al sud di Gaza. Come tedesca non mi è permesso dire questo. Le immagini dell’Olocausto stanno emergendo nella mia mente, pensando a come trattavamo gli ebrei quando i nazisti li rastrellavano per andare nei ghetti. Non posso mettere questa immagine dell’olocausto accanto a ciò che vedo nel presente a Gaza. Mi rende antisemita. Mi etichetta come un sostenitore di Hamas, e quindi del terrorismo. Questa è una classificazione pericolosa. Davvero molto pericolosa! Mettere a tacere le persone, che denunciano gli orrori da entrambe le parti, mette a tacere la nostra possibilità di riconciliarci e cercare una soluzione pacifica.
In Germania, ai palestinesi e ai sostenitori di una soluzione pacifica è proibito manifestare. I giornali non si occupano criticamente della situazione israeliano-palestinese, non l’hanno mai fatto e mai lo faranno. In quanto tedeschi siamo in debito con gli ebrei in quanto aggressori dell’Olocausto, e quindi qualsiasi attacco contro gli israeliani è considerato un pogrom contro gli ebrei, con Israele che ha il diritto di difendersi, qualsiasi sia il costo dei civili palestinesi. In Germania non sono ammesse altre voci. Per i palestinesi che vivono in Germania significa soffrire in isolamento, in quanto non meritano il nostro Mitleid (compassione) da quando hanno attaccato Israele. Tutte le loro manifestazioni contro l’attacco di Israele a Gaza e i loro appelli a fermare gli incessanti bombardamenti sui civili palestinesi sono proibiti. Così come etichettiamo tutti i palestinesi come sostenitori di Hamas, così tutti hanno etichettato i tedeschi come nazisti. L’aver sorvolato sul nominare i colpevoli con il loro nome, inevitabilmente nasconde le sfumature di come il nazismo sia stato vissuto dai tedeschi. Fino ad oggi, non si parla della vita sotto il nazismo in Germania. Nessuno lo chiede: c’è un grande Schweigen (silenzio). Mio padre, vissuto a Norimberga durante la guerra, è sopravvissuto a non so quanti bombardamenti da bambino. Ma non gli è mai stato permesso di parlare della sua sofferenza per la guerra, anche quando il trauma delle bombe che gli cadevano addosso è emerso ripetutamente, poiché lui e tutti i tedeschi sono nazisti e quindi sono carnefici.
È la nostra Schuld (colpa) ciò che abbiamo fatto al resto del mondo, e quindi non ci è permesso di soffrire. Da allora portiamo questa colpa come una croce. La colpa è così enorme, che affermiamo di non voler ripetere mai più il fascismo, e gli orrori del genocidio. Cinque giorni fa, le Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme su un nuovo caso di pulizia etnica di massa dei palestinesi e hanno chiesto un cessate il fuoco immediato. La Germania crede nelle Nazioni Unite e recentemente ha richiesto una riforma del Consiglio di Sicurezza con il desiderio di diventarne membro, ma come giustificherebbe la sua intenzione di non voler fermare i bombardamenti sulla Palestina?
I palestinesi che vivono a Berlino costituiscono la più grande comunità al di fuori del Medio Oriente. Per anni, i loro sforzi per far luce sulla situazione politica e sociale con manifestazioni e campagne sono stati accolti con grande ostilità dal governo tedesco. Il movimento Boycott Divestment Sanctions (BDS) che lavora contro l’oppressione israeliana dei palestinesi e fa pressione su Israele affinché rispetti gli standard internazionali sui diritti umani, è stato decretato dal Bundestag tedesco nel 2019 come antisemita. Le persone che cercano di manifestare devono affrontare i cannoni ad acqua della polizia. I palestinesi rischiano di perdere il loro status di rifugiati o i loro mezzi di sostentamento. Gli antisionisti che si uniscono alla causa palestinese sono ugualmente attaccati. Istituzioni, come il Goethe-Institut, che promuovono la pace e i diritti umani in tutto il mondo, cancellano il discorso dello scrittore e poeta palestinese Mohammed el-Kur nel 2022. Con l’attacco di Hamas a Israele, la Frankfurter Buchmesse (Fiera del libro di Francoforte) ha ritirato il prestigioso premio letterario per la scrittrice palestinese Adania Shibli alla quale era stato conferito per il suo romanzo Un dettaglio minore. Questo romanzo giustappone la vera storia dello stupro e dell’omicidio di una ragazza beduina da parte di un’unità dell’esercito israeliano nel 1949 con la storia immaginaria di una giornalista che indaga sul crimine nella città palestinese di Ramallah, decenni dopo. Il quotidiano Die Tageszeitung, generalmente descritto come di tendenza verde-sinistra, ha accusato il romanzo di usare narrazioni antisemite: “In questo breve romanzo, tutti gli israeliani sono stupratori e assassini, mentre i palestinesi sono vittime di occupanti dal grilletto facile”. Queste prospettive non sono condivise da molti altri critici nel circolo letterario. Il libro è stato nominato negli Stati Uniti per il National Book Awards e l’International Book Awards. Tra i suoi ammiratori ci sono J.M. Coetzee e la scrittrice australiana Mireille Juchau, che questa settimana ha scritto: “Più che mai abbiamo bisogno di una scrittura sfumata sui modi inconfutabili in cui le storie violente e genocide esercitano il loro potere sul presente. Un dettaglio minore di Adania Shibli è uno dei migliori esempi recenti”.
La sospensione del premio letterario è stata giustificata da Juergen Boos, direttore della Fiera del Libro di Francoforte con il fatto che la sua organizzazione “è completamente solidale con Israele“. La chiusura alle voci palestinesi in un ambiente letterario che dovrebbe praticare la libertà di parola e invitare al dialogo tra posizioni opposte e sensibilità diverse, invia un chiaro segnale al Medio Oriente che la Germania non sostiene una soluzione pacifica, ed è schierata con l’attacco ai palestinesi e a chiunque osi criticare Israele. Paradossalmente, ancora una volta la Germania diventa l’aggressore, questa volta come complice di Israele, ed è Israele che preme il grilletto.
Dopo 75 anni dall’Olocausto, come tedeschi veniamo di nuovo messi a tacere quando assistiamo a un genocidio. Ma ripeto, sono tedesca e non spetta a me dire nulla. Subito dopo che Israele ha dichiarato la sua strategia di guerra su Gaza, il 15 Ottobre scorso oltre 800 studiosi e professionisti di diritto interno, di studi sui conflitti e sul genocidio hanno rilasciato una dichiarazione pubblica avvertendo della possibilità di genocidio perpetrato dalle forze israeliane contro i palestinesi nella Striscia di Gaza. Ancora una volta, e più che mai, la popolazione tedesca è congelata tra il passato e il presente. Non posso e non voglio credere che nessun tedesco provi compassione per i palestinesi. Ma come faccio a saperlo? Non ci è permesso manifestare, e quindi parlare tra di noi, è meglio non menzionare nulla, perché ci ricorda troppo il nostro passato doloroso. Non possiamo avere un’opinione su questo argomento, altrimenti saremmo colpevoli di paternalismo nei confronti degli ebrei. Ironia della sorte, è come vivere sotto la Stasi nella Germania dell’Est, dove non si poteva parlare contro lo Stato perché si temeva di essere imprigionati. Conosco questa paura, mi è stata trasmessa da mia madre, il cui padre è stato imprigionato non so quante volte dalla Stasi per aver parlato contro la repressione esercitata sul popolo tedesco dai russi quando vivevano nella Germania dell’Est prima di dover fuggire nel 1957. Ora, con il conflitto israelo-palestinese che entra in una nuova fase violenta, come tedeschi siamo intorpiditi pubblicamente, ma in isolamento soffro con i palestinesi e con gli israeliani e spero un giorno che entrambi questi popoli depongano le armi e vivano in pace come due nazioni fianco a fianco.
Nota dell’autrice: Le informazioni di base per questo articolo provengono da Democracy Now 16.10.2023 “A textbook case of genocide: Israeli Holocaust Scholar Raz Segal decries Israel’s Assualt on Gaza”; The Conversation18.10.2023 “A Palestinian author’s award ceremony has been cancelled at Frankfurt Book Fair. This sends the wrong signals at the wrong time”; The New Arab18.10.2023 “Gaza war: Germany’s crackdown on Palestine solidarity does not spare even anti-Zionist Jews”; Third World Approaches to International Law Review17.10.2023 “Public Statement: Scholars warn of potential Genocide in Gaza”.