L’Argentina vuole entrare nella NATO

di Gaby Weber
Traduzione di Margherita Giacobino

Il presidente Milei e la generale Laura Richardson a Buenos Aires

 

All’inizio di ottobre 2024, la Fondazione Konrad Adenauer (KAS) ha tenuto un incontro all’hotel Nobel Alvear di Buenos Aires. Insieme al think tank CARI (Consiglio argentino per le relazioni internazionali), la rappresentanza del Partito Democratico Cristiano tedesco ha sostenuto a gran voce un rapido ingresso dell’Argentina nella NATO. Anche l’ambasciata tedesca aveva inviato il suo addetto militare sul podio per tessere le lodi dell’Alleanza Nord Atlantica.
Al suo fianco, l’ambasciatore norvegese ha esaltato i “valori democratici” e la lotta dell’alleanza militare per i diritti delle donne in Afghanistan e ha elogiato la partecipazione argentina alla campagna NATO negli anni Novanta in Kosovo e Bosnia, quando era al governo a Buenos Aires il peronista di destra Carlos Menem. Secondo l’ambasciatore Sætre, la NATO è stata un faro per la libertà e i diritti umani sin dalla sua fondazione, poco dopo la seconda guerra mondiale. Il pubblico ha assentito, evidentemente nessuno ricordava che tra i paesi fondatori c’era stata la dittatura portoghese. Ma la Fondazione Adenauer non voleva perdere tempo in quisquilie o addirittura opinioni critiche, qui si trattava di propaganda, non di discussione – aveva messo sul podio soltanto rappresentanti a favore del collegamento con il Patto Atlantico, come il consulente del Ministero della Difesa Fabián Calle.
Solo la politologa Lourdes Puente dell’Università Cattolica ha messo in guardia contro la rinuncia alla neutralità, dichiarandosi assolutamente a favore della partecipazione alla NATO, ma anche ai BRICS, l’alleanza di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. L’India in particolare rappresenta con grande successo i suoi interessi sia sul versante occidentale che su quello dei BRICS.
Ad aprile 2024, il nuovo presidente Javier Milei aveva chiesto a Bruxelles l’ammissione come “partner globale” all’alleanza militare, non come membro a pieno titolo, ma aggiunto come Australia, Corea del Sud e Mongolia. Il governo federale tedesco, secondo l’addetto Peter Semrau che sfoggiava un’alta uniforme militare, ha sostenuto con forza questa richiesta. Così l’Argentina sarebbe, dopo la Colombia, il secondo paese in Sud America che ha lo status di partner globale – ma allo stesso tempo colmerebbe un vuoto, perché l’attuale governo di Bogotà, “ignora” la sua appartenenza, si è rammaricato Semrau. In Colombia dall’agosto 2022, il governo di sinistra di Gustavo Petro punta sul disarmo sia in politica interna che estera e accusa il governo israeliano di genocidio a Gaza. Per i democristiani tedeschi e l’amministrazione statunitense non è un degno rappresentante della NATO.

 

Washington festeggia la nuova linea di Milei

Negli ultimi 25 anni, i governi di Buenos Aires si sono concentrati sulla neutralità e hanno tentato di accordarsi con i paesi vicini senza un vero successo. Il Mercosur non è andato oltre alcuni accordi doganali, e l’UNASUR, l’Unione delle Nazioni del Sud America (fondata a Brasilia nel 2008), che prevedeva anche la cooperazione militare, non è andata oltre le dichiarazioni d’intenti. Ciò si deve principalmente al fatto che i protagonisti di queste iniziative, come Hugo Chávez (Venezuela) e Néstor Kirchner (Argentina), sono morti e i loro successori non si sono dimostrati molto incisivi; Evo Morales (Bolivia) è stato coinvolto in conflitti interni e il presidente brasiliano Lula da Silva deve far fronte  a una potente opposizione politica interna.
I tempi sono cambiati, e a dicembre in Argentina è entrato il confuso estremista di destra Javier Milei, che ha insultato Lula come “comunista” e si è immediatamente sottomesso alle linee guida degli Stati Uniti. È stato così veloce che nemmeno il Pentagono era preparato e, come ricompensa per il suo nuovo seguace, poteva consegnare solo un vecchio Hercules. Sebbene questo aereo da combattimento fosse già stato ricevuto dal governo precedente, Milei lo ha celebrato come “simbolo della cooperazione bilaterale”.
Da anni la generale statunitense Laura Richardson si lamenta con Buenos Aires della crescente influenza dei cinesi sul Río de la Plata: si tratta soprattutto di questioni strategiche come il litio delle Ande dove la Repubblica Popolare ha costruito enormi parchi solari e in cambio si è assicurata il prezioso minerale.
Richardson, comandante in capo del Comando del Sud, ha persino affermato davanti al Congresso degli Stati Uniti che i cinesi sono militarmente presenti in Patagonia e ha citato come “prova” la stazione spaziale nei pressi di Neuquén, che esiste da dieci anni. Lì, su una piccola proprietà, si trovano un edificio amministrativo e un telescopio, e, naturalmente, tutti i dati raccolti dallo spazio possono essere utilizzati anche per scopi militari. Ma chi ha dato un’occhiata a questo impianto – e a differenza della generale statunitense io l’ho fatto, almeno dall’esterno – vede che l’impianto sembra quasi abbandonato e non ci sono nemmeno vere e proprie misure di sicurezza.
Ora il Pentagono vuole sfruttare il momento per costruire una base navale a Ushuaia, il porto più meridionale direttamente di fronte all’Antartide con le sue ambite risorse minerarie. E se Milei vuole davvero diventare un “partner globale della NATO”, deve superare le resistenze nel suo paese; e la Fondazione Adenauer è felice di aiutarlo. Il suo governo acquisterebbe maggior peso a livello internazionale, è stato detto all’evento del KAS, in cui sono state anche promesse vendite di armi, scambio di informazioni, addestramenti e manovre congiunte. Tutto questo è ancora lontano, perché l’idea della base ha suscitato numerose critiche, anche tra gli stessi militari. Nemmeno la vicepresidente Victoria Villaruel sembra essere entusiasta.

La stazione spaziale cinese di Neuquén

Le domande sono tante: perché l’Argentina dovrebbe interferire in conflitti con i quali non ha nulla a che fare, come in Ucraina o in Medio Oriente? Partecipando avrebbe solo da perdere e nulla da guadagnare. L’Argentina non ha problemi con i suoi vicini, nessuno minaccia il paese, al massimo i pannelli solari vengono installati per errore oltre i confini nazionali, e poi l’ambasciata cilena si lamenta educatamente. È vero che le enormi navi fabbrica che gettano le loro reti all’interno dei 200 chilometri dalle coste violano regolarmente la sovranità argentina. Ma la NATO difficilmente aiuterà a combatterle, dopo tutto queste flotte di pescherecci non provengono solo dalla Cina, ma anche dalla Spagna e dal Giappone.
E poi c’è la questione del denaro. Mentre Milei taglia radicalmente i fondi alle università, chiude ospedali e uffici di controllo, si dovrà finanziare la militarizzazione, e gli Stati Uniti non offrono nulla, anzi vogliono l’accesso gratuito al territorio argentino. Perché è di questo che si tratta: il controllo del Canale di Beagle, l’unico passaggio naturale dall’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico. Il Canale di Panama non è adatto a enormi mezzi militari.
Infine, ci sono le isole Malvine, le “Falkland Islands”, come vengono chiamate in Europa, un residuo del colonialismo britannico attorno al quale le forze armate argentine hanno combattuto una guerra nel 1982. L’ONU chiede da anni di trovare una soluzione diplomatica. Non è vero, ha chiesto timidamente un ex ufficiale del pubblico durante lo show propagandistico del KAS, che in quel momento la NATO era stata chiaramente dalla parte di Londra? Un brutto argomento che gli organizzatori non volevano approfondire.
L’opinione pubblica argentina ha seguito con grande interesse la notizia che il governo britannico ha appena restituito le isole Chagos nell’Oceano Indiano a Mauritius, a condizione di mantenere la base militare di Diego Garcia, che serve principalmente agli Stati Uniti. Il governo britannico potrebbe pianificare un accordo simile per le Malvine? Indipendenza in cambio di una base militare? Finora Londra sta minimizzando, ma c’è qualcosa sotto, come suggeriscono le parole della vicepresidente Villaruel. Il Ministero degli Esteri argentino ha appena firmato con la Gran Bretagna una dichiarazione di intenti per risolvere il problema dell’arcipelago controverso. “Ci considerano scemi” (nos toman por tontos) – dice Villaruel, che ha stretti rapporti con i militari.

NATO o SATO?

In realtà, l’idea di collegare il Sud del mondo è un vecchio sogno del Pentagono. Già negli anni Settanta, quando in quasi tutti gli stati sudamericani regnavano dittature militari, era nata l’idea di una SATO, un’organizzazione del Trattato dell’Atlantico meridionale. I candidati erano gli Stati Uniti, che volevano essere al timone come nella NATO, così come la Gran Bretagna, il Brasile, l’Argentina, il Cile, l’Uruguay e il Sudafrica dell’apartheid, quindi tutte democrazie non esattamente ineccepibili, ma partner affidabili nella lotta contro il comunismo. Si trattava di garantire le rotte commerciali e le materie prime, nonché di contenere l’influenza sovietica, che allora come oggi era estremamente limitata.
Henry Kissinger partecipò a diversi incontri segreti sul tema SATO nel giugno 1976 in Cile, sulla via del ritorno dal Sudafrica. Voleva un comando unito sotto la guida dell’US Air Force. Durante l’amministrazione Carter, il progetto fu sospeso, perché le violazioni dei diritti umani limitavano l’aiuto militare a queste dittature. Ci furono ancora alcuni incontri a livello militare, fino a quando nel 1982 i generali argentini attaccarono nelle Malvine e la NATO (e il Cile) sostennero Londra.
Poi caddero le dittature, così come il muro di Berlino, e il Sud America ebbe altri problemi. Il Brasile non voleva compromettere le sue buone relazioni con gli stati africani (l’apartheid cadde nel 1994) e la Cina iniziò a investire su larga scala nell’emisfero meridionale. Oggi Pechino è il principale partner commerciale di molti Paesi del Sud del mondo (inclusa l’Argentina) e la Via della Seta ha assolutamente bisogno del collegamento tra il Pacifico e l’Atlantico. E in tempi di conflitto, il canale Beagle potrebbe avere un ruolo strategico. È controllato da Cile e Argentina e Milei è pronto a cederne il controllo al Pentagono.

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