Le sofistiche ecofemministe

di Francesca Maffioli e Laura Marzi
Illustrazione di Isia Osuchowska

 

Diletta Gorgia,

in questo perpetrarsi dell’esistenza nella solitudine delle nostre dimore a interrogare il reale e l’irrealtà letteraria, le questioni invece che diradarsi aumentano.
Avrà ragione un nostro successore, il caro Socrate, a dire che più si conosce e meno si sa. Esattamente così io mi sento in questo inverno con pochi abbracci e tanti tantissimi papiri da analizzare. Per questo vengo a te oggi, Gorgia mia beneamata, per abbeverarmi alla fonte non solo della tua saggezza di compagna di sventure amorose, di dimore e occupazioni precarie, ma anche per attingere alla tua conoscenza, conquistata con il sudore di cotanta delicata fronte.
Fra i tanti femminismi che esistono, gridano e lottano nel mondo, dei quali io cerco di mantenere una certa competenza ce n’è uno, di cui tu sei fiera e ardente studiosa, del quale al contrario io poco so e poco comprendo: l’ecofemminismo.
Per questo, amica filosofa, ti domando di provare qui a soddisfare la mia curiosità, a colmare la mia inaccettabile ignoranza. Quando ebbe principio? E chi ne fu precursora? Su quali arké esso si fonda e verso quali lidi concettuali si sta espandendo?

Protagora cara,

Certo è che non potrò soddisfare la tua curiosità in qualche riga, per dipiù in questo principiare d’anno che mi vede stanca di parole e desiderosa di silenzi e ritiri d’ossigeno arioso. Sì è vero: le sofistiche son secchione ma, grazie a Giunone, non è solo la libido sciendi ad animarle!
La tua Protagora allora sarà breve. Ordunque: l’ecofemminismo, en tant que corrente di pensiero moderno, nascerà nel XX secolo come branca dell’etica cosiddetta ambientale, capace di riflettere sulla questione delle relazioni di genere e di potere tra i viventi. L’ecofemminismo troverà miriadi di similitudini tra il dominio degli uomini sulla natura quello sulle donne e i soggetti subalterni. Esso guarderà all’oppressione tra Nord e Sud del mondo, poiché l’idea di fondo è che tutte queste forme di dominio siano le sfaccettature dello stesso modello che ha strutturato la realtà – almeno dall’inizio di quella che i moderni chiamiamo modernità.
Un’attivista francese, Françoise d’Eaubonne, avrà l’idea di coniare il termine “ecofemminismo” – in un libro che pubblicherà nel 1974, in anni belli ma davvero a noi molto distanti: quel libro si intitolerà “Le féminisme ou la mort”. Tante sono le correnti che nasceranno all’interno del movimento ecofemminista, tanti i fili che si collegheranno a quella matrice che pensa all’οἶκος, la casa abitata dai viventi. Senza entrare – almeno per ora – in queste correnti appassionate devo rivelarti, mia beneamata, che tanti saranno i detrattori dell’ecofemminismo. Quelli che penseranno che gli ecofemminismi corrano tutti verso l’essenzialismo. Quelli che criticheranno in particolare una corrente, quella che guarda alla dimensione spirituale, accusando il movimento di irrazionalismo e soprattutto di depoliticizzazione le lotte…
Ma per oggi il mio favellare termina qui, perché la libido sentiendi mi chiama e che tutti gli dei dell’Olimpo siano lodati!

 

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