di Francesca Maffioli e Laura Marzi
Illustrazione di Isia Osuchowska
Mia Protagora,
della psicoanalisi mi ha sempre affascinato la sua contiguità alla mitologia greca.
Dunque, en tant que grecque et sophiste, stavolta te la metto seria e difficile: “La psicoanalisi si è servita della mitologia greca per costruire le proprie nozioni oppure è la psicoanalisi stessa a essere mitologia?”
Sappi già che per costruirti il dilemma ho chiesto numi ad un nostro collega del futuro (n.d.Gorgia: Ludwig Josef Johann Wittgenstein).
Sai cosa diceva il barbaro collega? Credeva nel potere mitologico della psicoanalisi, che non nascerebbe con lo scopo di spiegare i miti antichi … ma per inventarne uno nuovo, di Mito, con il suo seguito di fascino e luci.
Di miraggi e vie (ri)trovate.
Cosa ne pensi tu?
Illustre Gorgia,
la tua sapienza mi stordisce e quasi mi spinge ad abbandonare l’arte sofistica per dedicarmi all’oblio, alla sconsideratezza, a farmi un panino.
Ma non cedo e provo ad arrampicarmi là in alto, dove vuoi che ti raggiunga.
Per me la psicoanalisi è di certo un Mito in sé. In primo luogo per i suoi costi, che me la rendono paragonabile ad un mese di villeggiatura in Grand Hotel (dimora scintillante del futuro con giacigli estremamente ampli e comodi, abbondanza di cibo ed ambrosia). È un Mito, poi, perché le attribuisco capacità risolutive e salvifiche: se sapessi uccidere il padre, oh, allora sì che sarei felice!
Infine credo che la psicoanalisi sia un Mito in sé, perché presuppone un tempo, uno spazio, un altr* da cui recarsi spesso e regolarmente, con la fede che cercando alacremente sotto questa me potrei trovare la via della gioia.
Ma in fondo a me stessa, è molto più probabile che si celino solo voglie represse di panini.