di Francesca Maffioli e Laura Marzi
Illustrazioni di Isia Osuchowska
Protagora cara,
Pochi giorni ci restano da trascorrere nella stretta di quest’anno non clemente. Tante e tanti sperano che come per sortilegio di maghe lo scoccare dell’ultima mezzanotte si porti via l’ultimo annuncio, il più nefasto. Altre e altri guardano, con occhi cinici, calendari senza numeri e giorni – cuciti nell’abbandono degli anni che si corrono dietro tutti uguali. Senza cambi né sosta.
Non sono stata mai del genere di fare bilanci… Un po’ più dei propositi, che però ho sempre lasciato nel vago dei sogni e delle cose che se devono realizzarsi succederà senza la mia s-cadenza, senza che io macchini troppo. Come l’erbaccia che cresce senza opera, fuorché quella dell’acqua e della luce. Non ti chiederò nessun bilancio quindi, giammai. Ma posso invece chiederti che cosa speri, o Protagora, per l’anno che verrà? Cosa speri per te sola e per le umane e gli umani? E per i non umani? E per quel Vivente, che abitiamo e che ci abita?
Uno dei più brillanti allievi di Socrate, ne La Republica, spiega che la “nobile menzogna” è accettabile se a produrla sono i governanti e gli uomini di medicina. I primi per la salvaguardia della patria e dell’ordine sociale, i secondi perché la menzogna sarebbe il nostro pharmakon.
Credi che li aspetteranno tempi migliori di quelli appena passati? Oppure che l’effondrement del sistema in cui i nostri posteri sono avviluppati sia solo cominciato? E se questa pandemia che li ha presi avesse già a che vedere con il collasso che li attende? Chi può darcene lumi? Gli astri, le costellazioni, i magnifici e brillanti segni scivolanti? Chissà se li aspettano solo menzogne, di quelle “nobili” a cui faceva allusione quel Platone? Pensi che toccherà loro credere a queste menzogne oppure che esse sono già parte di noi e quindi di loro?
Ti chiedo tanto troppo, mia Protagora, lo so. Ma perdona l’angoscia del chiedere e sappi che la tua verità è tua ma anche mia, “ipocrita lettrice, mia simile, mia sorella”.
Gorgia cara,
se potessi interrogare la Sibilla tutti i giorni lo farei, se potessi tentare di scrutare il futuro con un lancio di dadi, a poco altro mi dedicherei. La mia sete di veggenza è potente, ma noi siamo filosofe e allora solo l’esercizio della ragione mi frena dall’assillare astrologhe e indovini, dal consultare arcani e aruspici… Quale responso attendo? Non certo quello che mi racconta il vero, no. Nessuno e io neanche potrei sopportare di conoscere dove porti la mia vita, a che tratto il respiro mio e quello delle persone beneamate si interromperanno… Nella lettura del futuro cerco il pharmakon di cui scrive l’illustre Platone, che non è la mera menzogna che il popolo imputa ai suoi governanti. È quel mascheramento necessario, simile all’ottundimento che ricerchiamo col nettare di Bacco, è il fodero in cui va tenuta la lama della verità.
Per il nuovo giro che il Sole sta per principiare, mi auguro una rivoluzione di ingenuità. Immagina, Gorgia cara, se improvvisamente tutte quelle persone che credono di sapere il senso della politica, della pandemia, della vita, del sesso, del matrimonio, della filosofia, del femminismo – beh mi interrompo che l’elenco occuperebbe l’intera tavoletta su cui ti sto scrivendo – si destassero il primo giorno del nuovo anno traboccanti di ingenuità. Nessuna di loro penserebbe più di poter illuminare il mondo con le proprie idee, nessuno crederebbe di possedere la parola che dice il vero. Starebbero, invece, silenziose e sorridenti, credulone e fiduciose che qualcosa di buono sta arrivando, perché qualcuno migliore di loro saprà realizzarlo.
Sono solo sogni da fanciulla, Gorgia carissima, lo so! Eppure facendoli sorrido io, la prima ingenua del futuro.