di Pat Carra
Il primo presidente del consiglio di sesso femminile parla, un tanto al chilo, come alcune cosiddette femministe radicali:
“Il vero obiettivo dell’ideologia gender (…) è la scomparsa della donna in quanto madre. È l’identità femminile ad essere sotto assedio perché si vuole distruggere la straordinaria forza simbolica della maternità”.
Ha dichiarato che è stata illuminata sulla via di Damasco dal suo ministro, anche lei a quanto pare di sesso femminile, della Famiglia e Natalità, che chiameremo qui Eugenetica.
Mentre il Paese procedeva – o meglio regrediva – verso la vittoria della prima donna premier, la Grande Fratella Fascistella (d’ora in poi GFF), c’era un gruppetto chiamato RadFem, ovvero femministe radicali, che le prestava le parole. Poco importa se le prestava, le regalava o le vendeva al prezzo di un piatto di polenta taragna.
Fatto sta che una mattina ci siam svegliate e abbiam trovato l’invasor.
È un effetto perturbante, come ascoltare un ventriloquo che deforma qualcosa che in un certo senso, ma non quello, pensavi anche tu.
Eugenetica e GFF parlano di scomparsa della donna come madre, evocando il titolo di un libro della nota leader di RadFem. Vogliono più gravidanze, meno devianze, sono contro l’utero in affitto e pro l’utero feticcio. Sotto i nostri occhi usano frasi femministe, le frullano e le risputano a vantaggio della loro fratria di appartenenza, che corrisponde alla pancia più becera del maschilismo italiano. Cosa ci trovano da festeggiare le RadFem, lo sanno solo loro, inutile sprecarsi in congetture. Hanno preferito fraternizzare (sic!) con Eugenetica piuttosto che confrontarsi con la comunità Lgbtq; sostengono la fratella di destra fantasticando che sia una self-made-woman con le palle, e demoliscono le ex sorelle di sinistra, impantanate e mortificate da anni nei conflitti con i maschi.
Dopo l’insediamento di GFF, Barbara Leda Kenny ha scritto che “sembra di vivere nel peggior incubo di una femminista”. Tanto vale che ci svegliamo: la preistoria mitica del femminismo (come la chiama Piera Bosotti) non coincide con il femminismo radicale del presente.
Non può essere radicale se fa il gioco delle fratelle, le radici si sono perse, abbiamo a che fare con una proliferazione tossica, una muffa.
Dove siamo scivolate, noi portatrici del pensiero della differenza sessuale, quello che ha nominato il simbolico della madre? Una teoria si misura anche dai suoi effetti, ogni sua deriva non è liquidabile come uno sfortunato incidente, una strumentalizzazione, una rapina.
Per questo mi accapiglio con il mio incubo: quale contenuto inconscio lo ha prodotto?
Mi sdraio sul letto più che sul lettino, e vado per libere associazioni.
Quando parliamo di simbolico della madre, di grande madre, di libertà femminile, dovremmo riconoscere il confine che porta all’autenticità o magari alla mistica, da quello che porta al feticismo e da lì, passo passo, al sovranismo fascista.
Abbiamo parlato più della Madonna che della sessualità.
Abbiamo creato accademie femministe che promettono di trasformare le donne in protagoniste o sovrane laddove si trovano: uffici, istituzioni, cooperative, università o anche semplicemente a casa loro.
Si sono moltiplicati corsi a pagamento tenuti da femministe “storiche” traboccanti di buone intenzioni e abbagliate da visioni salvifiche.
Torno con i piedi per terra alle RadFem, per definire le distanze aldilà delle commistioni. In agosto la loro leader aveva lanciato una petizione pre-elettorale “nel segno di Carla Lonzi”, che è stata letta da alcune complottiste per quello che era: un appoggio alla candidata premier, la GFF. Ma cosa c’entra Carla Lonzi? Proprio lei, una che se l’è data a gambe negli anni ‘70 dalle carriere che aveva spalancate davanti. Cosa c’entra la sua idea di libertà femminile con il protagonismo e l’emancipazione?
Immagino che la fondatrice di Rivolta femminile, che ormai è la femminista più espropriata e citata a ragione o a vanvera, si stia rivoltando nella tomba. È un fantasma della nostra preistoria mitica, e come fantasma continuerà a circolare fino a che non avremo appreso il suo messaggio.
* L’articolo di Barbara Leda Kenny è apparso su L’Essenziale qui
Per un ritratto di GFF vai agli articoli di Ida Dominijanni su L’Essenziale qui e su CRS qui