Missione fatale

di bulander
Illustrazioni di Dalia Del Bue

 

Erano dieci anni che le Camere della Specie non si riunivano, quindi tra i progetti di riforma c’era anche quello di aumentare la frequenza delle sedute. Dieci anni era un intervallo troppo lungo. La Camera Bassa era quella delle piante, la Specie vegetale, la Camera Alta era riservata alla Specie animale (con la piscina per i pesci).
La mozione presentata quarant’anni prima dalle foche era rimasta bloccata per l’ostruzionismo dei cani. Diceva in poche parole che l’uomo non la smetteva di uccidere le loro consorelle e che bisognava fare qualcosa. Chiedeva l’istituzione di una commissione parlamentare per studiare sistemi di difesa e protezione. Figuriamoci i cani, nel sentire che qualcuno voleva ribellarsi all’uomo! Loro, fedeli amici, tanto fecero e tanto brigarono che riuscirono a impedire che la mozione venisse messa ai voti. Non solo, furono così abili e intriganti da far eleggere alla Presidenza della Camera Alta uno di loro e alla presidenza della Camera Bassa la camomilla che, essendo poco combattiva e abbastanza amica degli umani, si accodò alla proposta di far slittare la mozione delle foche alla seduta successiva, dieci anni dopo. L’arte dell’insabbiamento è antica e trasversale alle specie.

 

Nel frattempo le cose erano cambiate rapidamente. Alla sessione del maggio 2019, il clima sembrava impazzito e le piante erano sempre più preoccupate.
“Non piove per mesi oppure viene giù il diluvio, non sai più come crescere, i chicchi mi vengono piccoli, secchi”, diceva la vite alla sua vicina di scranno, la betulla. “Non dirmelo, in Russia le mie sorelle sono bruciate a milioni, stavamo bene col freddo, adesso che anche in Siberia fanno 30 gradi a gennaio, me lo dici come facciamo a crescere?”.
Tra gli animali della Camera Alta, le specie a rischio estinzione erano sempre più numerose e quindi i rapporti di forza erano cambiati: cani e altri animali amici della Specie umana in netta minoranza. Ma la vera novità stava nella scelta del Presidente: a larga maggioranza era stato eletto il leone. E con quello non si scherza.
Sbrigati rapidamente i punti meno importanti all’ordine del giorno, il leone, riallacciandosi alla vecchia mozione delle foche, portò in discussione un documento che iniziava con la domanda “È giusto distruggere chi vuole distruggerti, anzi ti sta già distruggendo?”. Come nei parlamenti umani quando si discute una proposta di legge, anche in questo caso c’era un relatore, designato dal Presidente. Appena sentirono il suo nome, ai cani corse un brivido nella schiena, la coda finì tra le gambe. La relatrice designata era lei, l’aquila.
“Signor Presidente, signore e signori…”
Dai tempi in cui Marco Porcio Catone pronunciò nel senato romano la filippica passata alla storia come Carthago delenda est, non s’era mai sentito nelle aule di un parlamento un discorso così vibrato, astutamente argomentato, perentorio. La prima parte era dedicata a descrivere i crimini della Specie umana contro animali e piante. Poi, con un coup de théâtre di grande effetto, l’aquila aveva chiesto l’ascolto di due testimoni: il rinoceronte e lo squalo.
“Ci narcotizzano e poi ci tagliano il corno. Quando ci svegliamo siano costretti a condurre un’esistenza miseranda, sbeffeggiati da tutti e incapaci di difenderci. Oh, almeno ci uccidessero subito” piagnucolò il rinoceronte. “A noi ci pescano, ci tagliano le pinne e ci ributtano vivi in acqua!” gli fece eco lo squalo.
La seconda parte dell’intervento dell’aquila era centrata su un concetto semplicissimo: bisognava distruggere la Specie umana. “Mors tua vita mea!” fu la lapidaria conclusione.
“E allora aquila, che tu proponi?” chiese il Presidente.
“Eccellenza, ve lo diranno i due saggi che ho interpellato: la tartaruga e il polpo.”.
Le argomentazioni scientifiche che presentarono con dovizia di dettagli, dimostravano in maniera inoppugnabile che era possibile effettuare quello che in virologia si chiama salto di specie.
Mentre i cani si guardavano bene dal fiatare, un altro oppositore si mise a urlare “Ma che diavolo di salto di specie! È troppo complicato! Ci penso io! Non ho già ammazzato milioni di umani con la malaria?”. Era la zanzara a sbracciarsi. “Presidente non creda a questi due babbei! Date l’incarico a me e sarete contenti… con molto minore spesa!” Sapeva, la furbetta, che questo argomento nelle due Camere, Alta e Bassa, faceva presa.
Ma il leone si ricordò che un giorno una zanzara aveva punto un leoncino appena nato e quello era cresciuto male… Decise quindi di troncare la discussione.
“Zanzara, smetta di urlare altrimenti la faccio allontanare dai commessi! Onorevole aquila, termini il suo intervento: come facciamo questo salto di specie?”
L’aquila scese lentamente i gradini che portavano verso l’emiciclo. Giunta dinanzi al Presidente scandì con voce solenne “Eccellenza, signore e signori, permettete che vi presenti quello a cui propongo di affidare la nobile missione di sterminare l’umanità”, e si avviò lentamente verso la porta d’ingresso sorvegliata da due elefanti. Un silenzio di tomba scese nell’aula della Camera Alta. La Camera Bassa seguiva con apprensione in videoconferenza e non si udiva uno stormir di foglie.
Mentre ciascuno cercava con sforzo sovranimale di controllare la tensione, fece il suo ingresso, svolazzando disordinatamente con scarti improvvisi, il pipistrello.

 

 

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