di bulander
Illustrazione di Federico Zenoni
L’ombrello anti-drone era stato brevettato da Kyryl Policenko, un ucraino originario di Charkiv.
Suo nonno aveva combattuto i russi nel 2022 ed era stato ferito nel Donbass. Congedato, si era messo in testa che doveva esserci qualche sistema per proteggersi dai droni, ne aveva parlato con un compagno di liceo che aveva studiato elettromeccanica. Insieme misero su un laboratorio che ereditò suo figlio Vladimir Policenko, quando Trump dovette interrompere il suo terzo mandato per limiti di età. Il figlio di Vladimir si rivelò subito un ragazzo assai sveglio e precoce. Conquistato già in tenera età dalla passione dei suoi avi, decise di dedicare la sua vita all’invenzione di un ombrello anti-drone. A vent’anni aveva già accumulato due lauree: data analytics e robotica aerea. La seconda nella famosa università cinese di Chongquing.
Aveva sentito dire che durante la guerra tra Libia e Italia – finita con la Meloni trascinata in ceppi per le città libiche dalle armate di Mustafà ben Bastard e liberata con un riscatto miliardario pagato da un figlio di Elon Musk – un napoletano di nome Gennarino Puzzino aveva brevettato presso il TÜV di Monaco di Baviera un qualcosa che respingeva i droni in fase di atterraggio, deviando la loro traiettoria e facendoli cadere lontano dall’obbiettivo prefissato. Però non era riuscito a determinare il punto esatto dove far cadere il drone deviato. Ai primi esperimenti, infatti, Puzzino s’era piazzato su un gommone in mezzo al mare, non lontano da Procida e s’era fatto lanciare dei droni. Il primo drone avrebbe dovuto colpire con precisione il gommone ma fu deviato e per un pelo non finì contro il campanile della Chiesa di Santa Maria della Pietà e di San Giovanni Battista a Procida. Il secondo avrebbe dovuto centrare perfettamente il gommone ma fu deviato e finì sul traghetto per Capri, affondandolo e provocando la morte di una decina di turisti australiani. Puzzino finì in galera. Kyryl organizzò un crowdfunding, riuscì a racimolare un riscatto che a confronto quello pagato da Musk junior sembrava una miseria e si portò Puzzino nel suo laboratorio di Charkiv. Tre anni dopo il primo prototipo di ombrello anti-drone era pronto e il brevetto portava il nome di Kyryl soltanto. Il suo nome Gennarino lo aveva ceduto come compensazione del riscatto e della sua liberazione. La licenza per produrre in serie il marchingegno fu ovviamente acquistata dai cinesi, che decisero d’installare la prima fabbrica in località segreta della Siberia orientale, quella che Putin aveva dovuto cedere alla Cina in cambio di aiuti militari e tecnologici.
“Minchia, ma devo andare in Siberia a vedere il prodotto e testarlo? Mi becco una polmonite, non si può farlo venire qua?”
“Bisogna testarlo lanciando un sacco di droni per vedere se è capace di deviarli, ci vorranno mesi per essere certi che funziona e intanto i droni dove vanno a esplodere? Ci vogliono ampi spazi e la Siberia ne offre a iosa.”
“Ma non si può cominciare con droni che non scoppiano? Non droni bellici, droni pacifici.”
“Ai cinesi non gliene frega niente di quelli innocui, loro vogliono proteggersi da quelli che ammazzano, mi sembra giusto no?”
Puzzino non era convinto, per lui l’ombrello era un ombrello, doveva valere per i droni come per la pioggia. E andò su tutte le furie quando seppe che i cinesi volevano mettere sul mercato il prodotto con la denominazione di “scudo” (shield) non “ombrello” (umbrella).
“Io non voglio che sia considerato un’arma, deve essere un oggetto di largo consumo, devi portartelo al braccio.”
“Ma il costo di produzione adesso è tale che devi venderlo almeno per 1 milione di dollari!”
“Eeeehhhh….esagerato, a Napoli sono sicuro che riuscirebbero a venderlo a 1000 euro, pagabili a rate.”
Tre anni dopo in effetti il costo dello scudo anti-drone era diventato abbordabile. Il problema era un altro.
Amazon aveva cominciato a fare le consegne nelle grandi città con i droni e il cielo cittadino era nero di oggetti volanti, tanto che quando il cielo si annuvolava occorreva accendere l’illuminazione pubblica anche di giorno. I droni che venivano lanciati per ammazzare (per esempio quello della moglie tradita verso il marito infedele o quello del creditore verso il debitore insolvente o quello dell’alunno bocciato verso il professore) scoppiavano urtando la coltre di droni delle consegne prima di raggiungere l’obbiettivo e di fatto rendevano inutile lo scudo. Pochi quelli che riuscivano a perforare lo strato delle consegne e che poi rimbalzavano, respinti dallo scudo, per finire magari in un appartamento e fare una strage. O, come quella volta a Milano, per finire dentro la Scala durante le prove della Turandot (ci rimase secca la grande soprano Babajeska).
Kyryl e Puzzini, che s’erano fatti i soldi e s’erano comprati yacht miliardari e jet supersonici nella prima fase, cominciavano a stringere la cinghia.
Ma quando si dice “nati con la camicia”… i cambiamenti climatici cominciarono a stabilizzarsi su due, massimo tre, bombe d’acqua alla settimana, più o meno sparse uniformemente sul territorio italiano – a Charkiv era lo stesso. Così i due inventori si riconvertirono nella produzione di ombrelli super resistenti, ipertecnologici, che pesavano tre chili, difficili da portare al braccio ma pratici, tutto sommato, se pensiamo all’uso che se ne poteva fare.
Come quello adottato dalla signora Bellusti di Ferrara. S’era accorta che il marito le faceva le corna. Era il terzo drone che gli lanciava addosso ma anche questo si era schiantato su quelli di Amazon prima di raggiungere il bersaglio. Allora decise di procedere all’antica, comprò un ombrello marca United Company Kyryl and Gennarino e lo fracassò in testa al consorte. Da incensurata se la cavò con sei mesi e la condizionale.