di Robin Morgan
Vignetta di Pat Carra
Traduzione di Margherita Giacobino
È bello cominciare con il riconoscere che il 77% degli americani sostiene il diritto legale all’aborto – cioè sette cittadini su 10 degli Stati Uniti che credono che l’aborto debba rimanere legale e accessibile. E riconosciamo anche che la telemedicina, usata per l’aborto farmacologico, è stata una manna per le donne.
Ma bisogna aggiungere anche che l’Ohio ha appena vietato l’uso della telemedicina proprio per questo scopo. E rendersi conto che, secondo il Guttmacher Institute, nel 2021 il principale campo di battaglia per l’aborto saranno gli stati, che i diritti inerenti l’aborto sono in grave pericolo, e che il 2021 ha già stabilito un record in termini di restrizioni all’aborto. Un’ordinanza recentemente approvata in Texas ne è un esempio, così come altre ordinanze locali sottotraccia in altri paesi e città. La legislatura del Texas ha approvato una legislazione prima nel suo genere per le tattiche che usa per impedire l’accesso all’aborto. Questa apre la strada a qualsiasi attivista anti-aborto per citare in giudizio i medici abortisti e chiunque fornisca fondi per un aborto anche se non sapeva per cosa il denaro veniva usato. Dal primo gennaio sono state presentate in 46 stati ben 536 restrizioni all’aborto anti-scientifiche e basate sull’ideologia religiosa. Cosa allarmante, 61 restrizioni all’aborto sono passate in 13 stati diversi. E tra il 6 e il 29 aprile, 28 devastanti restrizioni sono diventate legge in sette stati. A questo ritmo, gli Stati Uniti potrebbero vedere il più alto numero di restrizioni all’aborto approvate da quando Roe v. Wade è diventato un diritto costituzionale nel 1973. (Queste informazioni provengono dalla Freedom from Religion Foundation).
La nomina di Donald Trump alla Corte Suprema di Amy Coney Barrett, che ha scritto apertamente che “l’aborto è sempre immorale”, ha consolidato la morsa della destra più dura sulla corte, sollevando nuovamente la questione se il numero di giudici debba essere ampliato, come è stato fatto in passato, per un giusto equilibrio. Infatti, dopo l’ultima sentenza della Corte Suprema sull’aborto, il Women’s Health Protection Act è più importante che mai.
Gli estremisti anti-scelta si oppongono al controllo delle nascite anche per motivi ideologici, e hanno lavorato duramente per limitare l’accesso alla contraccezione. I datori di lavoro che vogliono negare ai loro dipendenti la copertura della contraccezione hanno vinto alla Corte Suprema nel caso Burwell contro Hobby Lobby. Alcuni stati hanno emanato leggi che permettono ad alcuni individui e aziende di rifiutarsi di fornire o coprire la contraccezione. Nel frattempo, sul fronte internazionale, la cosiddetta Dichiarazione di Consenso di Ginevra, firmata dall’allora segretario di stato Mike Pompeo dell’amministrazione Trump, invita gli stati nazionali a promuovere i diritti e la salute delle donne, ma sbarra l’accesso all’aborto. Le principali sostenitrici della Dichiarazione sono tutte nazioni autoritarie, tra esse Egitto, Ungheria, Indonesia, Uganda, Bielorussia, Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Iraq, Sudan, Sud Sudan e Libia. La maggior parte dei firmatari rientrano tra i 20 peggiori posti al mondo in cui una donna può vivere.
Michelle Goldberg, editorialista del New York Times, ha scritto che il suo collega conservatore Ross Douthat, ha segnalato un dibattito all’interno del movimento anti-aborto innescato da un articolo del professore di Notre Dame John Finnis sulla rivista cattolica First Things. Finnis sosteneva che i feti sono persone ai sensi del 14° emendamento, e che la Corte Suprema dovrebbe quindi dichiarare l’aborto incostituzionale. L’implicazione politica, ha scritto Douthat, è che la semplice eliminazione di Roe è “tristemente insufficiente”. Damon Linker, ex redattore di First Things e autore di un libro sulla destra cattolica, scrive: “È qui che il movimento pro-vita vuole arrivare – e il resto del paese farà meglio ad essere pronto per questo”. E l’anno scorso il reazionario professore di legge di Harvard Adrian Vermeule ha scritto su The Atlantic che anche l’originalismo dell’ex giudice Scalia “ha ormai superato la sua utilità”. In un mondo legale dominato dal liberalismo, ha scritto, l’originalismo era un “utile espediente retorico e politico”, ma la presa di potere conservatrice sulla magistratura è andata avanti abbastanza da poterne fare a meno. Vermeule appoggia invece quello che ha chiamato “costituzionalismo del bene comune”, una comprensione del diritto costituzionale che, tra le altre cose, “non soffre dell’orrore della dominazione politica e della gerarchia, perché vede nella legge una figura parentale, un saggio maestro e un inculcatore di buone abitudini”.
Eccolo qui, l’autoritarismo messo a nudo. E ancora una volta l’aborto è al centro della questione: non solo per la piena umanità delle donne. Ma per la sopravvivenza della democrazia.
*L’articolo è stato pubblicato il 17 maggio sul blog di Robin Morgan